Matteo Renzi rafforzato da Strasburgo

C’è una relazione diretta, immediata, tra la giornata campale di Matteo Renzi a Strasburgo e l’accelerazione romana sulla riforma del senato e sull’Italicum.
Al ritorno dall’insediamento del parlamento europeo, il presidente del consiglio ha trovato un quadro politico nazionale cambiato. Stavolta non perché in sua assenza si fossero verificati incidenti nel Pd. Al contrario. Il modo col quale Renzi ha definito i termini del confronto-scontro con il blocco guidato dalla Germania consegna al premier un consenso quasi unanime, tra i partiti e sui media. Intuitivamente, i suoi numeri nell’opinione pubblica devono essere ulteriormente saliti: definitivamente, Renzi è l’avvocato del paese, la persona alla quale l’Italia affida la difesa delle proprie buone ragioni.

Renzi sa bene che queste buone ragioni non possono essere agitate in Europa con la pretesa di essere dalla parte del giusto “a prescindere”. Basti il riferimento a come in Italia i fondi europei vengono spesi, non spesi, mal spesi o semplicemente derubati, per motivi che hanno a che vedere con la burocrazia, con la lentezza dei processi autorizzativi, con la cattiva giustizia, con la disonestà del ceto politico e imprenditoriale.
Da oggi in poi, insieme a un consenso aumentato, Renzi ha un argomento decisivo: io non ho paura di scornarmi con i poteri forti europei per ottenere non nuove regole ma nuove politiche per l’Italia e per la Ue; ho conquistato sul campo una forza che va oltre i confini; qui in patria però non potete colpirmi alle spalle: le riforme delle quali mi faccio forte all’estero le dobbiamo fare davvero, in fretta.

Non c’è mai stato dubbio che Berlusconi sarebbe rimasto fedele al patto del Nazareno, a dispetto dei mal di pancia. Il suo interesse politico e personale è tutto nel rispetto di quell’accordo. Ed è paradossale – si sfiora il ridicolo – dover ascoltare forzisti delusi che denunciano il conflitto di interessi che spinge ora a difendere Mediaset a scapito del presidenzialismo: benvenuti nel mondo reale, così diverso dalla stanza dei balocchi nella quale Berlusconi vi ha allevato.
Percorso e maggioranze per le riforme rimangono gli stessi: è stato facile prevedere breve durata per il dialogo con M5S. Ora si potranno rivedere, essendo il governo più forte, gli aspetti più opinabili dei testi di riforma. A cominciare dal legame pericoloso tra le maggioranze che si creano alla camera e nel nuovo senato, e l’elezione del capo dello stato.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.