Marco Bonaiuti Travaglio

Questione quasi interessante.
Lunedì Marco Travaglio si è scagliato contro il popolo del web e, sul suo blog del Fatto Quotidiano, l’ha messa addirittura così: «È ora di riconoscere che molte volte anche il mitico “popolo del web” è una bella merda».

E ancora:

«Più leggo certi commenti più mi viene voglia di chiuderli e di dare ragione a chi paragona i social network alle pareti dei cessi pubblici…. C’è chi viene qui (sul blog, ndr) solo per insultare… chi viene qui e nemmeno legge quello che scrivo… pretendono che io dia sempre ragione a loro… Altri pretendono addirittura di dirmi quello che devo scrivere, e se non lo faccio subito sono un venduto, un servo eccetera… Altri ancora confondono il parlare di Tizio (bene, o male, o parlarne e basta) con lo sposare Tizio o l’esserne addirittura servi o pagati (ieri ho pubblicizzato un libro distribuito dal Fatto con i ritratti degli eletti del Movimento Cinque Stelle, è bastato ad alcuni decerebrati per scambiare un lavoro giornalistico, senz’averne letta una riga, per un manifesto propagandistico…».

Cioè: Travaglio pensa che il popolo che finge di scoprire (solo adesso) non sia lo stesso popolo che ha sempre sorretto lui, i suoi monologhi, i suoi cartafacci giudiziari, i suoi mitici Di Pietro-Ingroia-Grillo. Travaglio forse pensa che alle varie manifestazioni e ai Vaffa-day e nondimeno nell’urna – a votare Cinque Stelle e dintorni – sia andato un «popolo del web» affatto diverso da quello che ora perseguita lui e che da molti anni rompe le palle a noi. Una reprimenda tardiva, quella di Travaglio: ma che in fondo fa piacere. Benché sembri, invero, una scissione da se stesso.

Dettaglio: ha smentito tutto il giorno dopo. La reazione del web, dopo la sua reprimenda, dev’esser stata così violenta – questo io penso – che Marco Bonaiuti Travaglio, martedì, è tornato di corsa sul suo blog e ha spiegato che la sua era tutta e solamente una «provocazione», peraltro «scritta apposta con la tecnica del pugno nello stomaco»:

«Cari amici, sono felice che la mia provocazione di ieri (scritta apposta con la tecnica del pugno nello stomaco) abbia suscitato tanto interesse. Non perché io venga “pagato a commento”, come ha scritto qualche intelligentone (va bene così?): magari! Ma perché il livello medio del dibattito che si è innescato è parecchie spanne più alto di quello che purtroppo caratterizza la gran parte dei commenti degli ultimi mesi»

Una provocazione. La «tecnica del pugno nello stomaco», oltretutto, io non la conoscevo: io la chiamavo precipitosa smentita.
Dopodiché, sempre sul blog, Marco Bonaiuti Travaglio è passato ad ammiccare a una moltitudine indistinta in cui tutti i suoi lettori potessero riconoscersi: l’ha chiamata «la parte raziocinante dei frequentatori del blog», gente che dovrebbe aiutarlo a «isolare la banda dei senza cervello». Ma Travaglio nell’isolarli è già bravissimo da solo.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera