Grillo e i voti dei delusi di Forza Italia

È inevitabile, e in un certo senso giusto, che le forze più radicali dell’opposizione scelgano il governo e il principale partito di maggioranza come bersaglio privilegiato della campagna elettorale. Il trend positivo del Pd nei sondaggi ha reso però chiaro a Grillo e alla Lega che da quella parte non si passa più, nel senso che con Renzi segretario e premier i democratici hanno tappato la falla che un anno fa s’era aperta verso Cinquestelle e che storicamente da anni mette il centrosinistra in minoranza nelle regioni più ricche del Nord.

A che cosa puntano allora le sceneggiate che ormai con cadenza quotidiana vengono allestite nelle aule di camera e senato da parte di grillini e leghisti, in una sorta di sguaiata competizione a chi dà il peggio di sé in favore di telecamere?
La preda da conquistare sono i voti della gran massa di potenziali astensionisti (svariati milioni di elettori), la gran parte dei quali sono in stand-by dopo la delusione inferta loro dalla fine del sogno berlusconiano. Una delusione che, obiettivamente, non può essere alleviata ma casomai aggravata dalle notizie sull’ex capo carismatico della destra italiana che reca gentile visita prima al segretario del Pd e poi al premier del Pd, a casa sua, stringendo e rinnovando patti che negli ultimi vent’anni sarebbero stati considerati diabolici.

È dunque a questi italiani confusamente di destra – amareggiati e disorientati, avvelenati con l’Europa, con l’euro, col sistema dei partiti, diffidenti verso Renzi come verso qualsiasi cosa che comunque odori di sinistra – che i parlamentari di Cinquestelle e della Lega vogliono far vedere i propri cartelli. Non a caso appena possono entrambe le opposizioni mettono in mezzo Napolitano, uomo-simbolo e garante del tentativo di autoriforma delle istituzioni.
Così Grillo e Salvini, con grandi o piccole ambizioni, percorrono oggi il solco scavato da intere annate di Giornale e di Libero, dalle intemerate di Santanchè e Gasparri, dalle minacce di impeachment di Brunetta e Minzolini, in definitiva dall’intero armamentario offensivo forzista del quale il Berlusconi ospite del centro anziani Sacra Famiglia non potrebbe più, neanche volendo, fare uso.

È una nemesi amara, neanche così imprevedibile: che fra le spoglie di quello che fu il berlusconismo d’assalto banchettino, a mo’ di cannibali elettorali, nemici perfino più letali degli stessi famigerati comunisti.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.