Lost in a book

Detesto leggere in compagnia. Quando si tratta di consumare una pagina ho l’altruismo di un leghista brianzolo: la pagina è tutta mia e non la condivido con nessuno.
È una mania che mi porto dietro dall’infanzia: ho imparato a leggere a 4 anni – complice una mamma insegnante di lettere – e a 6 anni ero molto più veloce dei miei compagni di classe. Ogni volta che si trattava di condividere un libro o un fumetto insieme ad altri bambini vivevo un piccolo dramma: arrivavo in fretta in fondo e la persona con cui stavo leggendo era ferma sì e no alla terza riga. Non potevo voltare pagina, mi annoiavo e all’epoca non ero molto paziente.

Era il 1980 e non era ancora stato scritto “S.”, il libro scritto da Doug Dorst e ideato da JJ Abrams (quel JJ Abrams lì, quello di Lost, il reboot di Star Trek, di Mission Impossible, di Cloverfield, ecc.: il Pharrell dell’audiovideo) che sto consumando inevitabilmente in compagnia in questi giorni.

La parola chiave è “inevitabilmente”. Sì, perché “S.” è uno di quei testi che è impossibile leggere da soli, non fosse altro perché il libro stesso porta con sé due lettori molto attenti, anzi attentissimi.

UN LIBRO, TRE LIBRI

“S.” è un libro in tutti i sensi. E’ cioè un’opera letteraria scritta ma è anche un oggetto-libro. E sull’oggetto-libro si svolgono le avventure di due suoi lettori che commentano con note a margine (e per fortuna calligrafie diverse) quello che leggono in ciascuna pagina dell’opera letteraria e quello che accade loro durante la lettura.

Il libro è lo strumento di relazione e comunicazione tra i due: lo leggono a turno passandoselo indirettamente attraverso la biblioteca da cui lo prendono in prestito.

Insieme cercano di risolvere il mistero che circonda il libro, il suo autore e il suo traduttore (che peraltro nella finzione sono due figure che pare non si siano mai viste di persona ma abbiano sempre comunicato per iscritto: a JJ Abrams piacciono i giochi di specchi più che a Michael Ende), lasciando tra le pagine non solo le rispettive note e i commenti, ma anche cartoline, documenti, mappe, fotografie, ecc. che possano contribuire alla soluzione degli enigmi.

Noi altri lettori (perché siamo di fatto un terzo incomodo) siamo lì nel mezzo a barcamenarci con il testo vero e proprio del libro e le note scritte dai due, tra l’altro cercando fino alla fine di capire se ha più senso leggere tutta la pagina stampata e poi le note o viceversa o fare un po’ e un po’.

L’esperienza è nuova e curiosa, perché in ciascuna pagina convivono almeno due libri: quello vero e proprio, dalla narrazione piuttosto grave e kafkiana, e quello più dialogico, investigativo e moderno dei due lettori. E poi c’è un terzo libro che non si vede che altro non è che la combinazione e l’interazione tra questi due testi compresenti in pagina.

UN LIBRO CHE SA DI TV E DI INTERNET

JJ Abrams è uno che non butta mai via niente: dalla sua esperienza di scrittore di serie televisive e film ha mutuato non solo le modalità di produzione e narrazione (il libro è un’avventura con tratti mistery proprio come Lost), ma anche quelle di fruizione e le ha passate a Dorst.

Basta provare a guardare “S.” da lontano e salta tutto subito all’occhio: c’è un prodotto culturale di largo consumo pieno di misteri non spiegati e c’è un pubblico che lo consuma voracemente e si impegna in fitte discussioni cercando, attraverso analisi dettagliatissime, sintomi, indizi che portino alla risoluzione dei suddetti misteri, condividendo pareri, teorie, idee.

E’ quello che in tanti abbiamo fatto dal settembre 2004 fino a giusto 4 anni fa, quando uscì la mitica ultima puntata di Lost, che spiegava ma nemmeno troppo, sì e no il 10% dei misteri dell’isola.

Ricordate? In molti passavamo ore su forum, social media, blog a cercare di capire cosa stesse succedendo ai superstiti del volo 815, condividendo sequenze numeriche, zoomando ogni inquadratura per trovare indizi tipo i titoli dei libri che comparivano sulle mensole dell’hatch, azzardando teorie bislacche o banali (“sono tutti morti!”), cercando di interpretare sussurri nella foresta, anagrammando nomi e così via. Una godibilissima e colossale perdita di tempo condivisa su scala planetaria: un fenomeno allora inedito e non so quanto prevedibile nel mondo televisivo.

Alla fine il libro di JJ Abrams e Doug Dorst racconta un po’ anche noi, consumatori di contenuti perennemente connessi e in relazione.

Ogni tanto qualcuno si diverte a immaginare come sarebbero stati nel passato oggetti, idee, servizi dei giorni nostri: sono giochini simpatici che affiorano in Rete, tipo immaginare la sigla di Game Of Thrones in versione anni Novanta, suonare cover di Get Lucky alla moda dei vari decenni del Novecento o disegnare il look di Google se fosse nato all’epoca del Commodore 64.

JJ Abrams ha fatto un’operazione simile e l’ha trasformata in un prodotto editoriale: ha preso la nuova modalità di fruizione dei contenuti televisivi (in particolare il cosiddetto second screen, cioè l'”aumento” della visione di un programma televisivo attraverso contenuti aggiuntivi, commenti, ecc. fruiti contestualmente alla visione su un tablet o uno smartphone) e l’ha teletrasportata nel mondo dei libri. Dal second screen alla second page.

Non so se un’iniziativa come “S.” sarà destinata a diventare qualcosa di più che una bizzarria una tantum per una delle menti più prolifiche dell’entertainment di questi anni. Ho come l’impressione che un libro di questo genere sia un gioco bellissimo che è naturalmente destinato a durare poco: vedo difficile emulare l’idea di JJ Abrams senza risultare noiosi.

Quello che so è che sono sì e no a pagina 40 e ho una voglia mostruosa di prendere una matita e aggiungere le mie note, sperando che i due compagni di lettura mi rispondano.

 

Nota: Il libro per ora non è disponibile in italiano e non so se qualche casa editrice intende tradurlo. Esiste anche in versione Kindle, ma non ho idea di come gestisca le note a margine e i vari documenti infilati tra una pagina e l’altra.

Aggiornamento del 7 maggio 2014: mi ha contattato Rizzoli Lizard su Twitter. “S.” uscirà per i loro tipi pare entro ottobre 2014, in tempo per Lucca Comics.

 

Enrico Sola

Dj prestato al mestiere della pubblicità e all’hobby della comunicazione online, dal 2003 cura con affezione variabile un blog che si chiama Suzukimaruti. Quello dei post chilometrici. Vive a Torino.