Le Olimpiadi e il Tg2

Ora che le Olimpiadi sono finite, e con loro l’evento televisivamente più eccitante del quadriennio (forse se la batte con la telefonata di Berlusconi a Ballarò), circolano molti consuntivi sulle diverse coperture da parte di Sky e Rai, sui confronti tra i telecronisti, eccetera. Ma una riflessione speciale va dedicata al protagonista della programmazione olimpica Rai, divenuto drammaticamente familiare ai telespettatori che abbiano seguito le gare sul network pubblico: ovvero il Tg2. Se come me avete poca abitudine a guardare il Tg2, l’esperienza è stata istruttiva: in sostanza, il Tg2 è stato quella cosa che interrompeva ogni momento eccitante delle gare olimpiche per informarci: a) sui risultati delle gare olimpiche a cui avevamo appena assistito; b) su alcuni drammi estivi, come i furti negli appartamenti (con intervista all’esperto, un “topo di appartamento”, di cui si vedevano le mani e dei cacciaviti), il caldo (da “bollino rosso”: oppure la pioggia, se avesse piovuto), i gelati, gli anziani in città, cose così. Intanto atleti straordinari compivano imprese spettacolari a cui Sky dedicava un numero di canali superiore alle medaglie di Phelps in tutta la sua carriera: e l’abbonato Rai sul Due invece aspettava che finisse il Tg2, auspicando che un topo di appartamento stesse nel frattempo svaligiando il domicilio del conduttore in studio.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).