Le notizie “embè”

Una reazione che capita di vedere e sentire spesso, di fronte a una notizia, è quella che in sostanza dice “embè? Che c’è di strano?”. “Non vedo cosa ci sia da meravigliarsi”, ha scritto ancora stamattina qualcuno su Twitter rispetto alla notizia che Mike Bloomberg voterà per Barack Obama.

È interessante, questo tic per cui implichiamo istintivamente che una notizia debba essere sorprendente per essere una notizia, e attribuiamo a chi ce la comunica una meraviglia da disilludere.
Perché se ci pensate, non è così: è vero che “uomo morde cane è una notizia, e cane morde uomo no”, ma dipende anche dal cane. Se Obama vince le elezioni sarà una notizia anche se ce lo aspettiamo, per esempio. Se Gae Aulenti muore è una notizia: anche se capita, che la gente muoia a 84 anni. Se il sindaco di New York  eletto come candidato repubblicano appoggia Obama è una notizia, anche se si conoscono le posizioni indipendenti di Bloomberg.

Mi sono domandato perché quindi reagiamo così, dicendo “embè? Che c’è di strano?”, come se ci debba essere qualcosa di strano. E credo ci siano due ragioni, tra le eventuali altre. Una è una diffusissima tendenza a dimostrarsi preparati e consapevoli di ogni cosa, a volerla sapere lunga, a mostrare che “a me non la raccontate”, e ad attribuire agli altri ingenuità fragili: tendenza che origina fenomeni sociali assai più estesi di cui abbiamo parlato spesso.
L’altra è invece più peculiare all’informazione, ed è evidentemente la conseguenza della corsa al sensazionalismo e allo strano-ma-vero del giornalismo italiano: più i giornali ci abituano a titoli e notizie eccessive, assurde, urlate e spiazzanti, più finiamo per aspettarci che le notizie siano solo eccessive, assurde, urlate e spiazzanti. Diventando così complici di quel sistema: dal titolista “choc” al lettore “embè”?


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).