Le leggi bavaglio stile M5S

Li ho ancora negli occhi, Santoro, Travaglio, Ruotolo e Vauro che fendono una folla estasiata. Sembra un corteo di cardinali in piazza San Pietro invece siamo in piazza del Popolo, è l’ottobre del 2009 e la stampa e il popolo democratico sono mobilitati per fermare le “leggi bavaglio” di Berlusconi e Alfano (vedi un po’).
Sul palco si alternano Saviano e Di Pietro, Franceschini e i vertici della Fnsi che chiedono all’allora premier di ritirare le denunce contro i giornalisti. La battaglia avrà successo, nessuna mannaia è poi caduta su uso e pubblicazione delle intercettazioni telefoniche (si potrebbe anche dire che il parlamento non è stato in grado di dare alla delicata materia alcuna seria disciplina).

Non so se la stampa e il popolo democratico aspettino che Beppe Grillo e il suo movimento di scalmanati arrivino davvero al potere, per capire che la concezione della libertà di parola e di informazione di Cinquestelle merita altrettanto allarme e una risposta egualmente dura di quella che si volle dare agli indecisi a tutto del Pdl.
Di editti di Sofia contro i giornalisti che non gli garbano, Grillo ne emette uno al giorno. Non possiede televisioni che li applichino, in compenso scatta al comando del suo blog un esercito di fanatici che in poche ore colpisce duro sul web, che per certi aspetti è più potente anche della tv e arriva a colpire la persona del giornalista. La gogna è garantita, duratura. Ieri è toccato al nostro Federico Orlando, e garantisco che Travaglio, il suo ex collega alla montanelliana Voce, avrebbe trovato molte analogie tra gli insulti berlusconiani diretti a lui a suo tempo e quelli grillini diretti a Orlando.
Va anche peggio là dove qualche Cinquestelle s’è insediato nei posti di potere, col che il paragone coi bavagli berlusconiani si fa più stringente.

Il vicepresidente della camera, Di Maio, vorrebbe decidere lui quali giornalisti abbiano diritto d’accesso a seguire i lavori di Montecitorio, accampando la necessità di far pulizia dai lobbisti: ignoranza colpevole, visto che i giornalisti hanno fatto questo lavoro di trasparenza quando Di Maio andava ancora a scuola. Ma non è una richiesta improvvisa: ormai in decine di occasioni i parlamentari grillini hanno chiesto e ottenuto una protezione speciale contro lo scrutinio dei media.
Già, sono, siamo tutti asserviti, come sbraita Grillo un giorno sì e l’altro pure. E come infatti diceva anche Berlusconi, per giustificare editti, misure restrittive e vittimismi.
Alla chiusura del ventennio, possiamo constatare che Berlusconi ha fatto danni alla cultura democratica del paese ma non ha tappato la bocca sostanzialmente a nessuno. Perfino con Travaglio è finita come si sa, con minuetti e cerimonie.
Se Grillo raggiungesse il suo obiettivo di comando, l’effetto sulla libertà di stampa sarebbe quello promesso dai suoi adepti, cioè calci in culo, licenziamenti, chiusura dei giornali, fame e manette? Questo è il trattamento che ormai decine di giornalisti di ogni testata hanno sperimentato sulla propria pelle, quando hanno osato occuparsi di M5S o criticarne l’attività.
Io non so se tutto questo odio si tramuterebbe in misure concrete, alla Di Maio, Nel dubbio, la Fnsi potrebbe cominciare a prenotare di nuovo piazza del Popolo. Peccato che tanti di coloro che la affollavano in quel lontano 2009 avranno nel frattempo spianato la strada, col loro voto, ai nuovi teorici del bavaglio a cinque stelle.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.