Le donne americane

Avete mai sentito parlare dei loro mariti, ad un congresso di partito, le mogli di Bersani, Casini, Alfano? Non è la sola differenza con le campagne elettorali americane ma, forse, la più evidente. Le mogli (senza contare nonni, figli, nipoti, parenti acquisiti ) saltano sui palchi alla fine dei comizi e, in molti casi, vengono intervistate, tengono discorsi, svolgono campagne parallele a quelle dei consorti. Dipende dalle loro capacità e dal bisogno di determinare una differenza con il candidato avversario o di raccontare il proprio marito, spiegarlo, introdurlo, ammorbidirlo, spacchettarlo in più dimensioni. È quello che sta accadendo come mai prima nella storia con Ann Romney e Michelle Obama. Due storie che più diverse non potrebbero essere.

Sono decisive Ann e Michelle anche e soprattutto perché possono trainare porzioni di voti femminili che nel 2008 segnarono la vittoria di Obama. Vantaggio conservato ancora oggi nei sondaggi (58 a 36 prima di Tampa) nei confronti del nuovo candidato repubblicano ma eroso non solo dall’irrompere sulla scena televisiva della signora Romney. Il suo discorso alla convention di Tampa dello scorso martedì è stato un successo. I Romneys si sono conosciuti a un ballo del liceo, Ann aveva 19 anni al loro matrimonio e hanno generato 5 figli maschi (molto attivi anche loro nella campagna) che a loro volta hanno prodotto 18 nipoti per Mitt e Ann.

Ann, 63 anni come si suole dire portati alla grande, è passata attraverso diagnosi di un tumore al seno e sclerosi multipla. È apparsa sul palco tenera, emozionata ma decisa a raccontare un Romney più rotondo di quello che vediamo spesso robotico, variabile, incontrollabile (gaffes e umorismo a sproposito) quando esce dal copione e improvvisa. Ha messo in fila una serie di aneddoti familiari che hanno suscitato reazioni opposte. Straordinaria commozione ed empatia tra le delegate della convention (in grandissima parte bianche) e commenti ironici di bloggers e stampa democratici. Perché Ann Romney ha detto cose in cui le midwestern, middle class, middle age casalinghe dei sobborghi si sono riconosciute e perché, dall’altra parte, si é detto che la vita di due milionari innamorati non pare essere la stessa cosa di quella di due commessi di Walmart. Ann Romney disse nel 1994 che negli anni dell’università hanno vissuto rosicchiando il mucchietto di azioni che il padre di Mitt aveva donato loro (un blogger meticoloso ha calcolato che erano 377.000 dollari al cambio di oggi). Rimane, al di là dei conti in banca (che pesano) un messaggio d’amore che puo’ avere un’eco trasversale non trascurabile nell’elettorato.

Proprio oggi il magazine del New York Times ha in copertina un estratto di un libro che va contro un luogo comune. Quello che nella crisi siano le donne quelle che soffrono di più. Invece un mercato del lavoro sconvolto dalla recessione ha aperto varchi alla richiesta di manodopera femminile. E poi c’è una questione che non è solo di numeri e che ci riporta ad Ann e Michelle. L’essere donne (non dico dell’abitudine al sacrificio, alla capacità di coprire piu’ ruoli, eccetera, cose che sapete ma che ci dimentichiamo).

Ann ha chiesto di “amare” Mitt. Michelle non lo chiede perché “già amiamo Barack”. Questo per dire che Obama non ha un problema di “likeability” (gradimento), uno di quei sondaggi in cui ancora oggi il vantaggio su Romney è grande (52 a 41). Tanto che alla convention repubblicana tutti quelli che hanno parlato hanno svicolato, ripetendo che Barack è persona gradevole e onesta ma che ha fallito perché non ha mai lavorato veramente in vita sua. È la storia che conosciamo, con altri protagonisti, dei politici di professione e degli imprenditori.

Il tentativo dei repubblicani, come si è capito anche dal discorso di Ann Romney, è di parlare solo di jobs, il lavoro del marito e soprattutto quello ancora meno sicuro dei figli. Senza mai accennare ad aborto, stupro, e quelle istanze economiche-sociali (le donne guadagnano oggi il 77% della paga degli uomini) che hanno permesso ai democratici di continuare a dire che i repubblicani hanno dichiarato “guerra alle donne”. Dieci milioni di voti femminili in più degli uomini nel 2008 (56% di donne per Obama, 43% per McCain). Questa è la guerra aperta per andare a prendere la maggioranza dei 100.000 indecisi del Colorado di cui un gran numero sono donne. Come il 3% della fondamentale Virginia o come in North Carolina dove Obama vinse con 14.000 voti in piu’ e votarono 358.000 donne in più degli uomini o la Florida in 597.000 o l’Ohio in 275.000. Nelle elezioni di midterm del 2010 i repubblicani riuscirono nell’impresa di annullare questo gap ma da allora la distanza si è di nuovo allargata.

Naturalmente non sono pochi quelli che dicono che non si possono considerare le donne come un blocco elettorale (solo il 35% delle donne sposate e senza laurea per i democratici, percentuale che sale al 69% per le single con laurea). Certo, ma andatelo a dire ai sondaggisti e a chi lavora di statistiche nelle due campagne. Magari poi se lo dicesse una donna sarebbe meglio, visto che è saltato fuori che il 76% dei reporters che hanno raccontato le primarie repubblicane sono uomini.

Andrea Salvadore

Vive a New York e fa il regista. Ha un blog, Americana Tv