L’Atto Quotidiano

La primavera occhieggia su buona parte della Penisola, l’anticiclone persiste sullo scacchiere europeo, garriscono le prime rondini e soprattutto gracchiano i consueti corvi: ma a voi non ve ne frega niente, voi dovete pensare a Dell’Utri, dovete incepparvi in un’espressione tetra e piegarvi sulle carte che dovevano (dovevano) inchiodare il senatore per concorso esterno in associazione mafiosa. Solo così potrete spiegarvi come dei magistrati e dei giornalisti possano occuparsi delle meravigliose cazzate che il Fatto Quotidiano ha pubblicato sabato mattina.

Intanto spieghiamolo noi. Il giornale più amato dai secondini, ieri, sparava in prima pagina questo titolo: «Villa Dell’Utri venduta a Berlusconi, i pm di Palermo indagano». Su che? Ecco, questo non l’hanno scritto in due pagine, ma parliamo di un processo è già stato stato cassato per mancanza di imputazione: forse è un trend palermitano. Proseguiamo, anzi, proseguono: «Sequestrato l’atto d’acquisto firmato alla vigilia della Cassazione: 21 milioni per un immobile che vale molto meno, il sospetto di un ruolo del senatore nella trattativa con la mafia».

La consecutio non è cristallina, ma facciamola breve: è noto che due settimane fa tutti i giornali hanno dato notizia della compravendita della villa da Dell’Utri a Berlusconi, e ora, però, i pm «vogliono vederci chiaro». Prima vedevano scuro, questo per il «tempismo sospetto» della compravendita avvenuta «proprio il giorno prima della sentenza della Cassazione». Quindi? Quindi niente, il fatto è che ora i pm – Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo e Lia Sava – si sono interessati alla transazione immobiliare «in tutt’altra prospettiva». Quale? Non si spiega neanche questo, era più importante segnalare che «gli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza erano coordinati dal maggiore Pietro Vinco». Sono loro che hanno sequestrato l’atto di acquisto, e tenetevi forte, perché «Il Fatto Quotidiano è in possesso del voluminoso documento», che è come se il Giornale venisse in possesso di un rogito di Paolo Berlusconi. Bene, ma che cosa hanno scoperto? Il «prezzo abnorme, 20 milioni 970mila euro». Sì. E allora? E allora «appare comunque esagerato», benché sia una villa bellissima. Del resto una perizia del 2004 – scrivono – l’aveva stimata 9,3 milioni di euro. E del resto è anche vero che Berlusconi nel 2011 aveva già regalato 9.5 milioni di euro a Dell’Utri: tra quelli e i soldi della villa fanno 30 milioni di euro, senza contare che il rogito è stato perfezionato il giorno prima della Cassazione: «Un tempismo che ha insospettito i pm di Palermo». D’accordo, ma perché? Forse lo spiegano nell’ultima colonna: «Dell’Utri poteva essere condannato a 7 anni di galera e il rischio era il possibile sequestro delle proprietà immobiliari, cioè la Villa: unico bene intestato al senatore». Uhm. Dunque? E allora? Che problema c’è? Dov’è il reato? Soprattutto: che c’entra la trattativa con la mafia? Momento, c’era sfuggito un intero altro articolo sottostante, su tre colonne: «Il sospetto dei pm: il senatore conosce i segreti della trattativa con Cosa Nostra». Roba succulenta (forse) che inizia così: «Che cosa c’entra una vendita immobiliare del 2012 con la trattativa Stato-mafia degli anni Novanta?» Eh, appunto, ditecelo. Nella prima colonna c’è la ricostruzione di vari intrecci e inchieste su mafia, l’ex generale Mario Mori, i verbali di Massimo Ciancimino eccetera. Nella seconda colonna altre inchieste e intrecci a Caltanissetta, le stragi, Spatuzza, i fratelli Graviano, Vittorio Mangano. E finalmente nella terza colonna, proprio alla fine: «Il 9 marzo 2012 Dell’Utri rischia la galera. Il giorno prima Berlusconi si ricorda di lui e stacca un assegno di 21 milioni per la sua villa. I magistrati vogliono capire se la molla che ha spinto il Cavaliere sia solo l’amore per il lago». Basta. Fine.

Dunque azzardiamo una sintesi. Hanno scoperto che Dell’Utri ha venduto la villa per non farsela eventualmente sequestrare: il che ovviamente doveva avvenire prima della sentenza. Hanno scoperto che l’ha venduta al ricchissimo amico di una vita, Berlusconi, uno che gli aveva già regalato dieci milioni di euro l’anno scorso, senza nasconderlo. Hanno cercato di sottintendere, forse, che con quei soldi Dell’Utri volesse darsi alla latitanza. Non hanno ipotizzato dei reati nonostante vivano per questo: a meno di individuarne uno nella sovrastima della villa, il cui prezzo è giudicato «abnorme» dagli immobiliaristi del Fatto. E tutto può essere: il Paese, fremente, ha solo da capire se un miliardario abbia dato più soldi del previsto a un suo amico. L’importante è che a Palermo ci vedano chiaro. Scopriranno, magari, che Dell’Utri prese quella villa fatiscente e ci spese effettivamente un incredibile paccata di milioni per rifarla da capo: parliamo di 40 stanze, quattro stabili, due darsene rifatte ad appartamento, campo da calcio, da tennis, piscina, tre ettari di parco unico e introvabile in tutto il lago di Como per ampiezza e panorama. Parliamo di un tizio che aveva come ispirazione la villa dell’amico in Sardegna, anzi, parliamo di sua moglie – Miranda – che è una nota rompicoglioni capace di far rifare otto volte un massetto che non le piace. Comunque sia ci facciano sapere: nell’attesa, tante care inchieste ai pm di Palermo e alle loro muse.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera