L’alternativa a forza di tendoni

Berlusconi questa volta ha fatto davvero un miracolo italiano: ha prodotto la nascita di un nuovo movimento. Mentre i partiti d’opposizione, ancora imbambolati dalla sconfitta elettorale, litigavano tra loro, deboli e indecisi a tutto, i cittadini hanno trasformato l’indignazione per gli attacchi del governo contro la democrazia in nuove forme di organizzazione: i girotondi attorno ai palazzi di Giustizia di Milano e Roma, la grande assemblea del Palavobis, le tante manifestazioni in tutta Italia per ribadire che “la legge è uguale per tutti”. È un risveglio, una nuova primavera.

I partiti del centrosinistra fanno opposizione in Parlamento, ma sono scollegati dalla pubblica opinione.

È un movimento estremista, violento, antipolitico – come hanno subito detto Berlusconi e i suoi amici (che addirittura lo hanno messo in collegamento con la piccola bomba esplosa contro il muro del Viminale)? No. È fatto di cittadini che trovano nuove forme di organizzazione, pacifiche e gioiose. Che non rifiutano la politica, ma la fanno nella sua forma più pura, quella della partecipazione diretta e creativa. Che non rifiutano i partiti, ma criticano la loro assenza su temi cruciali (la giustizia uguale per tutti, il conflitto d’interessi, l’occupazione dell’informazione, l’attacco alla magistratura…) in un momento in cui Berlusconi è arrivato pericolosamente al confine tra la democrazia e il regime.
Non c’è alcuna tentazione alla violenza, nelle migliaia di facce del Palavobis e dei girotondi. C’è una richiesta di democrazia, di rispetto per le istituzioni: beni che dovrebbero essere al di sopra delle parti, orizzonte comune di destra e sinistra, e che invece nell’anomalia italiana sono calpestati da questa strana destra, al servizio degli interessi privati di Berlusconi, e spesso dimenticati da una sinistra ammalata, indebolita dallo “spirito della Bicamerale”, da anni di contrattazioni e cedimenti a Berlusconi.

Era il 2002, il Palasharp si chiamava Palavobis, qualche altro nome è cambiato. Ma rileggere l’eccitazione con cui si raccontavano le manifestazioni antiberlusconiane di allora – benintenzionate, generose, come quelle di oggi – dovrebbe suggerire agli eccitati di oggi di provare a investire su qualcosa di diverso dalle adunate.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).