La vista corta di chi vuole «l’industria di Stato»

Qualche giorno fa il sindacato principale del Paese per bocca del suo segretario, ha suggerito che lo Stato deve intervenire comprando tramite la Cassa Depositi e Prestiti quote di aziende in difficoltà, in una sostanziale riedizione dell’Iri. Buona parte della stampa che fa riferimento al Partito Democratico, con varie sfumature, ha salutato positivamente questa presa di posizione sostenendo che finalmente si è rotto il tabù dell’intervento pubblico in economia. Dopo vent’anni di declino economico che ha obbligato i partiti a dichiarare la loro incompetenza garantendo la fiducia a un governo tecnico, si sperava che l’errore fondamentale della seconda Repubblica fosse in via di risoluzione, ma era una pia illusione. L’errore fondamentale, per essere chiari, è che si continui a discutere di politica economica in Italia come se ci si trovasse sulla Luna, facendo riferimento a modelli esteri, o a un lontano passato, evitando ogni riflessione sulla realtà del Paese, sul passato recente e preoccupandosi solo di piccolo e piccolissimo cabotaggio. Sia inteso, non si tratta di una prerogativa del centrosinistra, ma di una caratteristica di sistema. Solo pochi giorni fa il centrodestra, al governo per otto degli scorsi dieci anni, ha presentato un piano di rientro del debito senza spiegare la ragione per la quale tale preoccupazione non l’abbia sfiorato prima.

Nei mesi passati questo modo di procedere ha portato a scimmiottare la discussione anglosassone pro o contro l’austerità come se Martin Wolf, opinionista del Financial Times contrario all’austerità di Cameron, fosse a favore delle municipalizzate o degli ospedali di nomina partitica, che – è bene ricordarlo – nessun partito ha mai abbandonato. Perché questo è in Italia l’intervento pubblico: un costante, ingiustificato esercizio di discrezionalità mossa da logiche di potere prive di sostanziali controlli e sanzioni, se non quelli legali – e ci mancherebbe.

Inoltre, questo modo di discutere ignora che durante il declino economico degli ultimi vent’anni la spesa pubblica è costantemente aumentata senza effetti positivi sulla crescita; si parla di “intervento dello Stato” come se la dimensione del debito pubblico italiano che ha messo in difficoltà l’intera Europa (ché se noi avessimo avuto i conti in ordine la Grecia non avrebbe rappresentato alcuna minaccia) sia un dettaglio che consenta comunque di esprimere pensieri in libertà sul ruolo dei poteri pubblici nello sviluppo industriale degli anni ’50 e ’60, ruolo da riscoprire grazie agli Eurobond o altri strumenti finanziari immaginari.

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Marco Simoni

Appassionato di economia politica, in teoria e pratica; romano di nascita e cuore, familiare col mondo anglosassone. Su Twitter è @marcosimoni_