La svolta della conoscenza

Ricorderete i titoli di pochi giorni fa sui dati Irpef che avrebbero mostrato che in Italia i lavoratori dipendenti dichiarerebbero più dei datori di lavoro: ce li avevano tutti i quotidiani.
Le cose però sono un po’ più complicate e quella sintesi era molto ingannevole. Lo ha spiegato il giorno dopo Salvatore Padula sulla prima pagina del Sole 24 Ore.

Perché di tutto la lotta all’evasione ha bisogno ma non di approssimazione. Lo ha detto ieri lo stesso direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera, commentando i dati sugli importi medi dei redditi dichiarati dai lavoratori dipendenti e dai loro datori di lavoro che tanto stanno appassionando i giornali e conseguentemente l’opinione pubblica. E che, per essere precisi, riguardano le persone fisiche che svolgono attività di impresa e i professionisti che svolgono attività di lavoro autonomo. Tutto bene, ma contrapponendo gli uni agli altri non dimentichiamo che le piccole attività d’impresa senza lavoratori dipendenti sono oltre 3 milioni, il 65% del totale (dati Istat), probabilmente tutti in contabilità semplificata e, quindi, a ben vedere con un reddito mediamente molto basso, ma non confrontabile con quello di alcun dipendente. Soprattutto se le definizioni delle “classi fiscali” sono troppo ampie per essere rappresentate unitariamente: così la voce “imprenditori” mette insieme il regime ordinario e quello semplificato, i piccoli proprietari di aziende con gli artigiani e commercianti. Ricavare contrapposizioni tra le categorie senza avere la possibilità o la capacità di distinguerle è un’operazione pericolosa e confusa, che non consente di cogliere qualche particolare importante: così i redditi medi di impresa e di lavoro autonomo sono cresciuti più del Pil nominale, rispettivamente del 3,8 e del 3,6 per cento.

La verità è che il fisco è materia complessa ma le semplificazioni necessarie sono altre. Non quelle che banalizzano e riducono a teatrino ciò che invece è un’emergenza nazionale. Da qui bisogna partire. E se è vero, come ieri ha detto il ministro Corrado Passera, che «serve una svolta culturale», allora dobbiamo semplicemente riconoscere che la prima svolta indispensabile è quella della conoscenza.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).