La memoria digitale

Una delle caratteristiche delle informazioni digitali è che possono essere replicate a costo nullo infinite volte. Inoltre, chi le archivia, ad esempio ricopiando un appunto in un blog o tumblr o pagina facebook, le rende anche disponibili ad altri.

Nel mondo materiale replicare le informazioni ha un costo elevato e chi le archiviava, in un proprio faldone, non le rendeva disponibili a nessun altro.

Se un gruppo di persone ritiene interessante una informazione immateriale, questa verrà replicata e ripubblicata rendendola, di fatto, infinitamente disponibile e, grazie ai motori di ricerca, immediatamente rintracciabile nella sua versione originale (da considerare, in merito alle rettifiche).

Ma non è sempre così.

Se l’informazione è contenuta in un file (e non in una pagina web codificata con lo standard HTML) questo potrebbe risultare non più decodificabile a distanza di anni e se il suo formato di codifica è proprietario, le attuali norme sulla proprietà intellettuale potrebbero renderlo inaccessibile. Non tanto perché il contenuto del file sia protetto (potrebbe contenere informazioni di pubblico dominio) ma perché produrre un software in grado di decodificarlo potrebbe avere implicazioni legali non banali.

Chi può aprire oggi un file Visicalc o Scripsit? e a chi chiedere la licenza?

Molto più marginalmente, invece, se le informazioni non sono di immediato interesse, queste potrebbero sparire, nell’indifferenza del pubblico, semplicemente depubblicate dalla fonte originaria senza lasciare traccia.

In molte multinazionali stanno prendendo piede rigide policies di cancellazione dei contenuti, delle mail, dei documenti elettronici, al fine di mitigare il rischio che una ispezione possa rivelare comportamenti anticompetitivi o con un fondo di illiceità tali da
esporre l’azienda a rischi legali.

Naturalmente questo comportamento elimina sia le cose potenzialmente negative, ma anche la “memoria buona” delle aziende, quella che aiuterebbe a ricostruire la storia di prodotti e servizi che sono diventati importanti per noi tutti.

La questione è articolata e la consapevolezza delle conseguenze ancora da maturare.

Quello che è certo è la causa scatenante: le regole cui obbedisce l’informazione immateriale sono assai diverse da quelle che seguiva l’informazione fissata su un supporto fisico.

Non ci sono alternative ad adeguarsi.

Stefano Quintarelli

Imprenditore, manager infobulimico, attento al rapporto internet-società; sempre curioso! http:// blog.quintarelli.it