La democrazia non basta

Massimo Gramellini oggi scrive una cosa forte, consapevole di dirla grossa: in sostanza propone di ridiscutere il suffragio universale, concedendo il voto solo a chi abbia gli strumenti e i meriti per farne un uso utile alla comunità.

Dirò una cosa aristocratica solo in apparenza. Neppure le sacrosante primarie bastano a garantire la selezione dei migliori. Per realizzare una democrazia compiuta occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto. Non posso guidare un aeroplano appellandomi al principio di uguaglianza: devo prima superare un esame di volo. Perché quindi il voto, attività non meno affascinante e pericolosa, dovrebbe essere sottratta a un esame preventivo di educazione civica e di conoscenza minima della Costituzione? E adesso lapidatemi pure.

Gramellini in realtà non dice niente di così inaudito: la critica della democrazia e dei suoi risultati di recente è diventato un tema di saggistica assai frequentato, anche se nessuno si azzarda a proposte così radicali (però chiedete in giro, ed è pieno di gente che pensa che a un sacco di altra gente non dovrebbe essere dato il voto. “Il migliore argomento contro la democrazia è una conversazione di cinque minuti con l’elettore medio”, diceva poi già Winston Churchill). E se sono mai esistiti tempi in cui è permessa e libera la ridiscussione daccapo di principi a cui siamo attaccatissimi, sono questi: col sistema capitalistico siamo già avanti, per esempio, almeno a parole.

Ma consentendo quindi libertà e attenzione a qualunque proposta e a qualunque pensiero libero e non rigido, io credo resti tuttora vero che la democrazia è il meno peggio dei sistemi possibili, e il più giusto. E che i suoi cattivi funzionamenti – Gramellini elenca: “ignoranza, corruzione, menefreghismo” – siano riconducibili tutti a uno: ignoranza, appunto. Le persone fanno scelte mediocri quando sono poco informate, quando non sanno capire le conseguenze di quelle scelte, quando non si rendono conto del valore dell’interesse comune e quando sono insensibili al bene degli altri e alla qualità, alla bellezza, alle cose fatte bene. Ignoranza, cattiva informazione, assuefazione a valori e modelli mediocri: sono limiti presenti in molte civiltà, culture ed epoche, e che le classi dirigenti, intelllettuali, istruite, privilegiate hanno in misura diversa sentito la responsabilità e l’importanza di combattere e superare. Per esempio insegnando, promuovendo e ottenendo il valore del voto per tutti.

Oggi quelle classi, quelle persone col poere di trasmettere modelli culturali e civili migliori, si sono date latitanti (con diverse lodevoli eccezioni, a cominciare da Gramellini): i primi responsabili delle eventuali bocciature all’esame di educazione civica invocato da Gramellini sono i maestri, non gli allievi. Non si boccia una classe che ha avuto insegnanti assenteisti. È a loro che bisogna rivolgersi criticamente, e supplirli costruttivamente.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).