Renzi, la tv e l’Italia di ieri

C’era una volta una televisione che conduceva l’Italia nei passaggi d’epoca: poteva essere quella del maestro Manzi (citata sempre da Renzi), quella di Drive In (che ora tutti rinnegano ma al tempo tutti guardavano) o quella di Santoro: in ogni caso, c’era uno schermo nel quale gli italiani vedevano come stavano cambiando.
La televisione di oggi restituisce appena l’immagine dell’Italia di ieri, e neanche in alta definizione. Dalle produzioni ai linguaggi, è un fattore di resistenza, non di innovazione, a cominciare dai talk show repliche di se stessi. Sicché anche politici “nuovi” replicano le movenze dei predecessori: quanti, prima del presidente grillino della vigilanza Rai Fico, si sono pateticamente prestati a dare le pagelle ai conduttori e alle trasmissioni, a raccomandare questo o quello?
Sia dove spetta al governo di dare una scossa al sistema (la Rai), che dove teoricamente non gli spetterebbe (i rapporti tra Mediaset e Sky), per Renzi c’è ormai il problema di sintonizzare il mondo ormai antico della tv italiana con un paese che merita modernità, cambiamento e tanta trasparenza.

Sulla Rai abbiamo sentito solo i primi squilli, intorno alla vicenda dei 150 milioni e alla rivolta aziendalista abortita al momento di trasformarsi in un incomprensibile sciopero. Il più deve arrivare, e non nella triste versione Fico di una occupazione dei newcomers. Archiviata l’età del duopolio, non possono esserci tabù. Una rete sul mercato, un servizio pubblico senza pubblicità, l’inutilità di tre tg più l’all-news: tutto merita di essere rapidamente ridiscusso, a valle di una riforma della cosidetta governance di viale Mazzini.
Poi ci sono i privati. E qui il tema di Renzi è ovvio: deve annunciare la mondo la grande novità di un mercato dove regole certe garantiscono competizione, dunque invitano a investire in un settore cruciale per un paese avanzato.
Questa è la storia dello scontro tra Mediaset e Sky sui diritti del calcio. Non chi vinca o perda le aste, bensì se le aste debbano svolgersi così (capita solo in Italia) e se l’esito vada in ogni caso rispettato anche nel caso disturbi i vecchi navigatori della Serie A, caricati di decennali conflitti d’interesse.

Murdoch è una potenza globale da trattare con rispetto facendosi rispettare, senza subalternità. Sapendo che da come viene trattato un simile gigante dipende l’interesse di tanti altri a portare soldi e innovazione nel piccolo mondo antico della tv italiana.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.