Il gioco opaco del si salvi chi può

La posizione di Alfonso Papa era indifendibile: tutti i suoi coimputati hanno perduto la libertà. Dunque ieri la Camera ha semplicemente affermato un principio (amaro, perché il carcere non può augurarsi a nessuno) di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. È un punto importante, prioritario rispetto a ogni altra valutazione. Non capiremmo neanche che cosa è accaduto ieri alla Camera, se non tenessimo presente che l’equità delle scelte della politica è causa di ansia per gli italiani, colpiti dalla crisi e feriti da quelle che avvertono come disparità di trattamento.

Oltre alle sue colpe, Papa ha la sfortuna – ma è difficile parlare di casualità – di finire nei guai mentre il consenso di Berlusconi si spegne e l’esasperazione del paese si accende. Chi può e vuole farlo, nel Palazzo, prende le misure di questo epocale cambiamento di fase. È ciò che ha fatto ieri Maroni: ha colto l’attimo che Bossi, reso inabile da una inestricabile relazione personale con Berlusconi, non può più cogliere. Il ministro degli interni si mette a capo della Lega che vuole salvarsi, e che a questo fine non esita a scaricare gli ex amici. Lo fa in maniera brutale con gli impresentabili tipo Papa, lo farà in maniera sostanziale con l’intero Pdl berlusconiano se lì dentro non accadrà l’impossibile, cioè lo scoccare di una scintilla di autoconservazione. In entrambi i casi, l’attuale governo è comunque di fatto defunto.

Sta accadendo ciò che dalle opposizioni è stato sempre auspicato: un moto di indipendenza. Ma dobbiamo dirci che sta accadendo nel modo peggiore. I temi che scuotono il paese, a cominciare dai privilegi dei politici, vengono agitati e piegati in maniera non trasparente, come non trasparente è stata la difformità delle decisioni assunte ieri da Camera e Senato. Se il berlusconismo è stato un male per l’Italia, ancora peggio sarebbe una fine del berlusconismo segnata dalla logica del si salvi chi può dalle inchieste. Un gioco oscuro nel quale il Palazzo assolve o condanna solo per calcolo. Non è su questo che devono delinearsi i nuovi schieramenti, ma sulla capacità di riformare la malapolitica e sulle proposte drastiche per salvare il paese dal default finanziario.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.