Il colore del vento

C’è un elemento cromatico che accomuna la vittoria alle elezioni amministrative di Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris. La scelta di un colore che connotasse l’insieme della comunicazione, scelta evidentemente non concordata, è ricaduta infatti da parte dei responsabili di entrambe le campagne sull’arancione. Si tratta, non c’è dubbio, della ricaduta cromatica della ricerca, da parte del centrosinistra, di trovare una collocazione convincente all’interno nello spettro politico italiano.

L’arancione è un colore percettivamente difficile che si colloca a metà strada tra il giallo e il rosso, colore del quale è stato spesso ritenuto una nuance nella cultura occidentale almeno fino all’introduzione in Europa delle arance, dalle quali ha infatti preso il nome. L’arancione non fa parte neanche dei colori base araldici se non con rare eccezioni quale lo stemma della famiglia reale olandese la cui denominazione, Orange-Nassau, lo ha promosso a colore nazionale (anche se nella bandiera si è anche qui trasformato in rosso).

È un colore insomma che non ha riscosso generalmente grande successo, come ricorda uno dei maggiori studiosi della sociologia del colore, Michel Pastoureau, nel suo I colori del nostro tempo (Ponte alle Grazie, 2010):

“Nei sondaggi d’opinione sui colori meno amati nella società occidentale, questo colore, come già accadeva nel Medioevo, è quello più spesso citato (insieme al marrone). Con straordinaria regolarità, l’arancione, che può tuttavia essere segno di salute e vitalità, viene sempre per ultimo o penultimo nella scala della preferenze”.

In politica l’utilizzo dell’arancione viene solitamente associato all’omonima “rivoluzione” di Viktor Yushenko in Ucraina nel 2004 (meno alla bandiera dei coloni ebrei nella striscia di Gaza), mentre se parliamo di “arancioni” vengono subito in mente i seguaci di Osho Raineesh.

L’utilizzo in queste ultime campagne elettorali di un colore ambiguo come l’arancione sancisce dunque un ulteriore passo verso l’abbandono, in Italia, della classica dicotomia che ha da sempre opposto, cromaticamente quanto politicamente il rosso al blu. Mentre il colore blu si è trasformato in azzurro, giustificato dal richiamo al colore calcistico nazionale, il rosso sembra essere entrato in un momento di definitivo rigetto da parte dei partiti politici e a niente vale ricordare come tale colore non sia necessariamente connesso all’ideologia comunista: negli Stati Uniti, per esempio, il rosso è il colore istituzionale del partito repubblicano. Vediamo se il vento nuovo che è iniziato a soffiare da Milano e Napoli non sarà in grado di riscattare anche la scarsa considerazione di cui ha goduto finora il colore arancione.

Gianni Sinni

Grafico, si occupa di comunicazione responsabile