Il censimento dei rugbisti in esilio

Per giocare a rugby serve tanta gente e in Italia non ne abbiamo molta, specialmente per i livelli a cui siamo arrivati. Una squadra ha bisogno di 15 giocatori in campo, ma per la natura del gioco questi tendono ad affaticarsi e a farsi male spesso, motivo per cui sarebbe l’ideale averne almeno due per ruolo, e siamo già a 30 (sette in più di una squadra di calcio al completo).

Nel 2019 in Italia il numero di rugbisti tesserati con le società era all’incirca 77mila, non così lontano dai paesi che nel Sei Nazioni maschile non riusciamo mai a battere. La differenza sta però nel numero totale di praticanti, che comprende anche le persone che giocano per conto loro: in Italia non arrivano a 100mila mentre soltanto nella piccola Scozia su circa 5 milioni e mezzo di abitanti ce ne sono 182mila che giocano a rugby, molti anche come passatempo.

Le differenze stanno tutte in questi numeri, eppure con quei paesi dobbiamo confrontarci ogni anno. Se la struttura attuale del rugby italiano arriva fino a un certo punto, servono quindi soluzioni diverse. È da questa necessità che è nato Italian Exiles, il progetto con cui la Federazione vuole rintracciare nel mondo i rugbisti tra i 17 e i 20 anni eleggibili per la Nazionale, contando sulle numerose comunità di italiani all’estero, dall’Argentina all’Australia.

(FIR)

Non potendo contare su una rete globale così capillare come altri sport diffusi in modo più omogeneo, la Federazione ha messo a disposizione una piattaforma online in cui qualsiasi rugbista tra i 17 e i 20 anni residente all’estero, ma nato in Italia, o con un genitore o almeno un nonno di nazionalità italiana, può farsi trovare in qualsiasi parte del mondo: una sorta di censimento dei rugbisti in esilio.

Per candidarsi servono le generalità, l’eventuale grado di parentela con la persona di nazionalità italiana che renderebbe eleggibili, il ruolo e la squadra in cui si gioca. Dopodiché la Federazione potrà contattare i candidati, farà le sue valutazioni e deciderà chi coinvolgere o meno nel suo cosiddetto “programma di alto livello”, una sorta di serbatoio per la Nazionale maschile che la Federazione sta tentando di ottimizzare, anche così.

Da anni l’Italia — come altre nazionali, anche più competitive — si affida a giocatori formati in altri paesi: ora vorrebbe raggiungerli prima e non lasciarsi scappare nessuna possibilità. L’obiettivo è trovare i prossimi Sergio Parisse e Ange Capuozzo, le cui immagini non a caso sono fra quelle che si vedono nel sito. Il primo è il miglior rugbista italiano di sempre, figlio di italiani emigrati per lavoro in Argentina, paese in cui si è formato. Il secondo è quello che ci ha fatto vincere una partita nel Sei Nazioni dopo sette anni, nato e cresciuto vicino a Grenoble da una famiglia napoletana per via paterna e scoperto anche con un po’ di fortuna.

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