Il bonus degli strappi

La vecchia battaglia di questo blog contro lo sdoganamento culturale (quello fattuale è ormai avvenuto) del parcheggio sul marciapiedi è nota, e pure noiosa, alla lunga. Per gli ultimi arrivati, segnalo solo che a Milano è più tollerato che si parcheggi sopra i marciapiedi che non lungo le strade, e rimando ai vecchi post sul tema.
Poiché è un tema che i bambini notano, quando cercano di imparare a pedalare sulle prime biciclettine, o quando semplicemente  vanno a scuola a piedi la mattina, un giorno ho condiviso con mia figlia oggi settenne la mia opinione: e lei si è formata una sua coscienza civile al riguardo, che le fa augurare a ogni sciagurato che ha parcheggiato in modo da impedire il passaggio sul marciapiede che un vigile lo multi (spero per ragioni costruttive e non repressive): cosa che a Milano è probabile quanto l’elezione di un sindaco di sinistra.
Da quando vivo a Milano, benché sia consueto in tutto il mio quartiere, avevo parcheggiato sul marciapiede solo due volte, che c’era la dannata pulizia delle strade e non si trovava un buco al sicuro. E la mattina dopo avevo rapidamente spostato la macchina. Poi martedì scorso per delle ragioni di fretta che suonerebbero scuse pelose, e non trovando posto negli appositi spazi, mi sono infilato su un marciapiede libero davanti a casa, promettendomi di togliermi di lì la mattina dopo. Sto facendo una vita un po’ trafelata – scuse pelose – e così l’ho colpevolemente lasciata lì fino a giovedì mattina, quando, accompagnando la settenne a scuola mi sono sentito dire ciò che temevo: “dovrebbero farti una multa”.

Che le dovevo dire? Che avevo educato una dipetrista? No, aveva ragione. I dipietristi scatenano indignazioni e odi strumentali, e auspicano punizioni per il gusto della punizione e dell’autocelebrazione. Mia figlia non ce l’aveva con me, invece. Constatava semplicemente che le cose si risolvono affrontandole, e la mia macchina non sarebbe stata lì per due giorni se ogni mattina i vigili milanesi provvedessero a multarle tutte, quelle sul marciapiedi. Me ne ero approfittato, raccontandomi che le mie frette ed esigenze personali valessero uno strappo. Che è quello che fanno, immagino, tutti quelli che parcheggiano sul marciapiede o comprano una casa al Colosseo con qualche inghippo.

Ci sto ripensando dopo aver letto – con qualche ritardo – questo post di Sandro Gilioli di venerdì. Io di Gilioli ho grande stima, e l’ho già scritto altre volte, e qualche volta sono critico, e l’ho già scritto altre volte. A me il suo post ha fatto un po’ impressione, anche senza confrontarlo con le giuste contestazioni che muove quotidianamente alle indifferenti violazioni delle regole da parte di altri. Perché anche se sono il primo ad appoggiare elasticità e contestualizzazioni, “sennò ci metto mezz’ora” non mi convince come emergenza. Mi sento anche un po’ ingenuo a dirlo: o invecchio, o sto diventando dipietrista, o non ci ho riflettuto abbastanza. Però mi ha fatto impressione, soprattutto che l’abbia scritto.


Vedi anche:

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).