Di chi è nemico questo governo

Chissà se almeno stavolta le chattering classes progressiste si tapperanno la bocca, e la pianteranno con la stupida litania neoqualunquista che era meglio quando ci stava Berlusconi, o che alla fine il governo di prima è come quello di adesso, anzi quello di adesso è peggio secondo la vetusta vulgata di sinistra che l’avversario che si presenta bene è più pericoloso di quello sfacciato.

Ma quale avversario. Il governo che vuole cancellare l’odiosa tassa sull’immigrazione è avversario solo della peggior specie di destra che ci sia in Europa oggi dopo gli amici ungheresi di Berlusconi. Gli insulti e le minacce scaricate su Cancellieri e Riccardi dall’ex ministro degli interni (quanto l’abbiamo blandito, questo altro “avversario che si presenta bene”) illustrano bene dove sia in questo momento la parte giusta, il nuovo fronte della ragione e della solidarietà contro il populismo imprenditore della paura. S’è sentita la voce di Livia Turco, in difesa delle intenzioni del governo: ci sarebbe bisogno di un coro un po’ più ampio e convinto ma pazienza, abbiamo capito che nel Pd non fa fino appoggiare con una vera battaglia politica il governo che si sostiene in parlamento. Le dichiarazioni devono contenere sempre un “ma”, un “vedremo”, qualche condizione, la giusta dose di freddezza.

E invece il governo Monti, a partire dalla nomina di Riccardi e dalla anomala ampia tipologia della sua delega, s’è presentato come quello intenzionato a rovesciare la logica dominante nelle politiche dell’immigrazione. Vista, descritta e speriamo sostenuta come un fattore della crescita del paese, non come un’orrenda minaccia. Dirò di più, a costo di far venire il mal di pancia a qualche governatore molto di sinistra e molto preoccupato di proteggere le proprie costituencies.

Se mettiamo insieme le politiche per la liberalizzazione del commercio, le resistenze della rete dei piccoli negozi (che farebbe meglio a seguire i modelli di modernizzazione proposti magistralmente ieri da Dario Di Vico sul Corriere), i flussi demografici e la volontà di piena integrazione degli immigrati nel tessuto economico, abbiamo il quadro di come si accompagna responsabilmente una società nelle sue inevitabili trasformazioni: come in tutte le capitali occidentali, e come è già in tante parti d’Italia, l’allargamento delle possibilità di consumo e di servizio è legato proprio alla presenza di nuovi tipi di posti di lavoro e di lavoratori, da sottrarre preventivamente allo sfruttamento e alla clandestinità.

E se a sinistra ci fosse ancora qualcuno che teme il successo delle parole d’ordine razziste di Maroni e compagnia, ricordiamoci per favore Milano. Era solo sette mesi fa, e scoprivamo che gli italiani si erano rotti delle assurdità della propaganda xenofoba, e che finalmente i progressisti erano stati capaci di battere con l’arma del ridicolo ciò che ridicolo è. Salvini allora, Maroni oggi, loro sì sempre la stessa razza.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.