Giornata Mondiale della Guerra da lontano?

Maggio 1942, Mar dei Coralli. Una bella zona, credo, per via della Barriera Corallina, che è la cosa più colorata al mondo prima dell’invenzione della tivù a colori. E anche zona un tantino remota. Siamo tra Australia, Papua Nuova Guinea, isole Salomone e Nuova Caledonia. Luoghi larghi, spazi aperti. Tant’è che qui c’è una grande battaglia navale tra americani e giapponesi che per giorni si avvistano, si inseguono, si perdono e si cercano quasi sempre senza trovarsi. Alla fine, pur con due portaerei colpite e un paio di navi affondate, non è neppure chiaro chi abbia vinto davvero. È importante, la Battaglia del mar dei Coralli, perché è la prima volta che gli uomini si fanno la guerra da lontano. Ci si ammazza, ma senza vedersi e non era mai successo prima. Qui con gli aerei imbarcati sulle portaerei, poi sarà con i missili, alla fine con i droni. I droni sono il presente e il futuro della guerra: un signore che sta in un container del Nevada pilota un aggeggio che vola e poi, clic sul pulsantino, spara un missile su uno che è in cima ad un monte in Afghanistan. Lontano migliaia di chilometri e vicino da morire.
L’importante è il concetto: farsi la guerra, ma da lontano. Succede anche nelle piccole guerre: quando divorzi, e il drone è l’avvocato, quando t’insulti via social network, o quando lasci il bigliettino davanti alla porta dell’ascensore: “Si pregano i cortesi inquilini di non depositare le immondizie nel …”. Farsi male, quanta voglia abbiamo di fare del male, ma senza guardarsi in faccia.
È iniziata con la Guerra del Mar dei Coralli, chi finì l’8 maggio 1942: allora questa è la Giornata Mondiale della Guerra da Lontano.

Massimo Cirri

Da venticinque anni divide le giornate in tre: psicologo al mattino; conduttore radiofonico (Radio Popolare, poi a Radio2 Rai con Caterpillar) al pomeriggio. La sera, spesso, è impegnato come autore teatrale.