Giornate della cattiva memoria

Sentite questa storia assurda, sentitela «per sapere come vanno le cose nell’Italia del 2012, alla vigilia delle solenni celebrazioni della Giornata della Memoria». La frase è di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera di lunedì.

Allora. Il noto disegnatore Vauro Senesi, il 13 febbraio 2008, fece una vignetta sul Manifesto in cui rappresentava la giornalista Fiamma Nirenstein nel seguente modo: il naso adunco, tre simboli sul petto (Pdl, la stella di David e il fascio littorio) e la scritta «Mostri elettorali: Fiamma Frankenstein». Questo perché lei aveva appena annunciato la candidatura al Parlamento nelle file berlusconiane. Detto questo, la vignetta poteva anche far schifo – o essere spropositata – ma la reazione della Nirenstein e dei suoi amici, a parere di chi scrive, fu spropositata di sicuro. Vauro fu accusato di antisemitismo senza mezze misure, e la sua vignetta fu additata come un’istigazione contro la candidata. Da New York intervenne l’Anti-Defamation League: «Vignetta indiscutibilmente antisemita». La Nirenstein organizzò un incontro-stampa in cui fece intervenire un po’ di amici che le diedero manforte anche con articoli vari: l’editorialista Magdi Allam collegò la vignetta con certe acquiescienze che avevano riguardato Bin Laden; Riccardo Pacifici, portavoce degli ebrei romani, disse che una persona magari non antisemita come Vauro, ma che facesse vignette del genere, poteva essere peggiore di chi fosse intimamente antisemita. Anche Peppino Caldarola, ben otto mesi dopo, scrisse un articolo contro Vauro – che pure era stato suo amico e frequentatore – e scrisse così: «Vauro disegna una vignetta su Fiamma Nirenstein dove la definisce “sporca ebrea”». Sporca ebrea.

Nota: se insisto sulla questione degli «amici» è perché certe mobilitazioni all’italiana funzionano rigorosamente così, per amicizia: mentre io con Vauro Senesi non ero amico per niente. Eppure lo difesi. Sul Giornale. La lezione delle vignette olandesi su Maometto, e sulla libertà d’espressione, doveva valere per tutti. La Nirenstein invece ci andava giù pesante. Tre mesi dopo, nel giugno 2008, disse cose orribili dopo che mi ero permesso di scrivere che da neo-deputata (lei che viveva in una colonia israeliana e anche in Parlamento si occupava perlopiù di Israele) rappresentava più Israele che l’Italia: tuttavia «sono gli argomenti», rispose lei, «che usavano i fascisti, è a causa di argomenti così che mi ritrovo a vivere sotto scorta». Scrisse così. E Furio Colombo, sull’Unità, rincarò: «Facci è giunto a scrivere che Fiamma Nirenstein non può parlare a nome dell’Italia sulla questione di Israele perché è ebrea».

No comment. Si perdoni la lunga introduzione, ma serve per meglio comprendere «come vanno le cose nell’Italia del 2012, alla vigilia delle solenni celebrazioni della Giornata della Memoria», come ha scritto Pierluigi Battista. Anche perché, nell’elenco delle assurdità, la notizia del giorno sarebbe un’altra: un giudice ha condannato Peppino Caldarola per l’articolo (citato) che scrisse contro la vignetta di Vauro. Dovrà risarcirgli 25mila euro. In effetti, attribuendo al disegnatore d’aver definito «sporca ebrea» la Nirenstein, scrisse il falso. Da qui il lungo commento di Battista sul Corriere di ieri, secondo il quale Caldarola è «reo di aver satiricamente criticato una vignetta satirica» che fu disegnata «secondo una tradizione iconografica antisemita… che risale alle copertine della “Difesa della Razza” e prima ancora dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”». Nell’insieme, se posso dirlo, è un delirio in cui non si salva davvero nessuno: neppure Pierluigi Battista, e tutto sommato neppure io. Questo per meglio comprendere «come vanno le cose nell’Italia del 2012, alla vigilia delle solenni celebrazioni della Giornata della Memoria».

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera