Gheddafi non è nostro amico: diciamolo

Sì, ci si è allineati all’Unione europea e si sono condannate, genericamente, «le violenze». Ma la sostanza della posizione ufficiale italiana sulla tragedia libica non è cambiata neanche dopo la delirante dichiarazione di guerra di Gheddafi al suo stesso popolo. Siamo sempre alla non-ingerenza, condita di ansia per i rischi che stanno correndo gli italiani oltremare e per il preannuncio di un esodo di profughi.
Non è dato sapere il contenuto del colloquio telefonico fra Berlusconi e l’ex leader libico. Si sa solo che è avvenuto pochi minuti dopo quel discorso demenziale, e pare che gli americani trovino utile che qualcuno possa parlare ancora con Gheddafi.
E chi altri, se non il grande amico italiano? Ma sarebbe utile a che cosa, questo rapporto? Non risulta che ieri le milizie del raìs abbiano smesso di sparare e gli aerei di indirizzare missili contro le case.
La verità è che nessuno s’azzarda a pensare che su Gheddafi possa valere qualsiasi argomento dissuasivo.
Il personaggio ormai è quello che abbiamo visto martedì (sarà forse stato diverso quando lo conoscevano, in gioventù, alcuni fra i più validi intellettuali della sinistra italiana) con la sua logica è distruttiva e autodistruttiva.

E allora, che senso ha la noningerenza? Lasciare che i libici consumino la propria carneficina può solo aumentare i rischi per l’Italia, adesso e in prospettiva. Le parole dei uno dei leader dell’opposizione, raccolte oggi da Europa, dovrebbero preoccupare chi ha a cuore i nostri interessi: i trascorsi con Gheddafi e la attuale neutralità nei suoi confronti diventeranno domani motivi di inimicizia da parte di nuove leadership? Sospendiamo per ora i discorsi, un po’ da Stranamore, su no-fly zone e cose del genere, cioè interventi militari più o meno diretti stile Serbia. Stiamo ai gesti che ognuno può capire, come sarebbe il congelamento di quello “storico” trattato Italia-Libia, da far tornare valido solo quando, fra Tripoli e Bengasi, quelle terre siano minimamente pacificate sotto la guida di altri uomini che non siano il folle ex (si spera) “grande amico”.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.