Emma Bonino, o in morte dei Radicali

Vedere la radicale Emma Bonino festeggiare l’anniversario del Concordato a Palazzo Borromeo – dopo che aveva combattuto il Concordato per tutta la vita, da anticlericale militante – mi ha ricordato quando da bambino mi davano il Fernet Branca per aiutarmi a vomitare. A voi non farà schifo, a me sì: perché le incoerenze più orrende non sono quelle dei voltagabbana professionisti, gente che del galleggiamento ha fatto un’arte molto italiana: sono quelle degli idealisti, dei promotori dei diritti civili, per esempio di una radicale che fino a due anni fa festeggiava la Breccia di Porta Pia coi compagni anticlericali – la Bonino c’era, ogni 20 settembre – e martedì scorso eccola presenziare solennemente all’anniversario della firma dei Patti Lateranensi all’ambasciata italiana presso la Santa Sede: c’erano le più alte cariche ecclesiastiche e naturalmente il segretario di Stato Vaticano. Domanda: era una scelta obbligata e responsabile, da ministro degli Esteri? Ma nemmeno per idea: e in ogni caso avrebbe potuto mandare uno dei suoi tanti viceministri o capi di gabinetto. Allora siamo troppo severi? No, perché forse non è chiaro che non stiamo parlando di una cerimonia qualsiasi, di una scartoffia burocratica, o di una fisiologica apertura tipo quelle che lo sciamano Pannella sta riservando a un papa sensibile verso il problema dei carcerati: parliamo dei Patti Lateranensi e cioè del Concordato, forse il nemico numero uno dei Radicali dalla fondazione a oggi, quel Concordato contro il quale i Radicali promossero un referendum abrogativo poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Ancora oggi, se andate sul sito dei Radicali, trovate tutto l’architrave della campagna storica contro i Patti Lateranensi: i costi e finanziamenti enormi, i condizionamenti vaticani sulle libertà civili, le scuole cattoliche, i privilegi fiscali, soprattutto i presidi che i radicali organizzano annualmente «per smascherare una celebrazione vuota e antidemocratica» a cui però la Bonino ha partecipato l’altro giorno. Forse troverete anche la foto in cui la Bonino arriga la folla durante la manifestazione «No Vatican, no taliban» che non risale all’anteguerra, ma al 2007. I Radicali del resto sono quelli che hanno portato al Parlamento Europeo il problema dell’Imu non pagata dal Vaticano, insomma l’elenco sarebbe lungo.

E voi magari direte chi se ne frega, che non c’è da scaldarsi tanto. Eh no. Perché per una Bonino folgorata dal potere, convertita come un Quagliariello qualsiasi a un’inafferrabile ragion di Stato, ce ne sono altri che intanto continuano a crederci: e i Radicali di battaglie giuste ne hanno fatte tante, non c’è quasi nessuno che almeno una volta non si sia sintonizzato con loro o con una loro campagna. Ecco perché ‘stavolta c’è da chiedersi se i Radicali non siano veramente giunti alla fine del loro percorso, visto che la Bonino clericale non ha suscitato particolari reazioni neppure tra le loro file, o così pare. Emma Bonino, nel 1979, manifestò davanti all’ambasciata dell’Iran contro l’imposizione del chador alle donne iraniane: e il 21 dicembre scorso eccola in Iran che indossa il velo per incontrare le massime autorità iraniane. Ragion di Stato? Ragion di Stato, come pure accadde nel 1997 durante il viaggio da commissario europeo nell’Afghanistan dei talebani. Si può capire. Già più difficile è capire il suo silenzio sulla legge che in Russia reintroduce il divieto di parlare dei «comportamenti sessuali non tradizionali». Ragion di Stato anche qui, forse. La stessa che potrebbe spiegare il silenzio di Emma Bonino quando il governo Prodi di cui faceva parte, nel 2006, rifiutò di incontrare il Dalai Lama per non contrariare gli amici cinesi, noti sostenitori dei diritti umani. Si può capire tutto, ma occorre anche decidere da che punto in poi non si abbia più voglia di capire. Personalmente l’ho deciso l’altro giorno. Almeno in questo, forse, i Radicali sono come tutti gli altri: un militante radicale resta un radicale, un ministro radicale diventa un ministro.

(pubblicato su Libero)

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera