È riapparso il PD

La radicalizzazione ci ha danneggiato. Comunque Pisapia vuole la droga libera per tutti. L’accoppiata di queste due frasi, entrambe pronunciate dai dirigenti del Pdl, è la sintesi migliore del caos nel quale si trova l’ormai ex partito di maggioranza relativa.

Il count-down del ballottaggio è già partito e il partito di Berlusconi e Moratti ha davanti a sé a Milano una desolante prospettiva. Riconosce i disastri causati dalla linea estremista, ma non ne ha un’altra. Di solito alle amministrative si parte col confronto sulle cose da fare, poi nel ballottaggio si drammatizza e si spinge sull’identità, sui pericoli rappresentati dall’avversario.

A Milano il Pdl ha fatto l’opposto. È partito subito coi toni più alti, consapevole che nel confronto fra candidati la Moratti sarebbe stata perdente. E adesso cosa fa? Dopo aver urlato alle Br nelle liste di Pisapia, torna a parlare di piste ciclabili? Punta sul ben noto appeal del sindaco uscente? Un vicolo cieco. Viene da dire che a Pisapia e al centrosinistra basta non fare errori, e la vittoria che cambia la storia di Milano e d’Italia è a portata di mano.

La condanna di Berlusconi è terribile, certificata da quelle misere 28mila preferenze: il suo popolo gli ha voltato le spalle. Non si può escludere una decisione che sarebbe clamorosa, ma non assurda: disertare la fase dei ballottaggi, riconoscere di essere un handicap per se stesso e per i candidati. Sarebbe l’anticamera della resa finale. Il mutismo della Lega è pesante, minaccioso: per quel che se ne sa, per loro Berlusconi potrebbe anche essere già a fine corsa.
Bersani, e il Pd unito con lui, incassa la vittoria e pianifica il dopo: le ferite, che ci sono, si rimarginano di fronte agli squarci altrui.

Non devono destare preoccupazione né il disorientamento centrista né l’arroganza qualunquista di Grillo né le pigre analisi su inesistenti virate estremiste dell’elettorato. Il voto ha restituito al Pd centralità. Non ci sono acrobazie da compiere o tattiche da escogitare ma solo da adempiere finalmente alla funzione originaria di motore riformista, abbastanza forte da attrarre gli altri senza farsene condizionare.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.