Due idee di giustizia

Di nuovo sul carcere, come era capitato per il messaggio di Napolitano sull’amnistia, la vicenda Cancellieri torna a disegnare due profili diversi di sinistra, che si specchiano in diverse gerarchie di valori quindi leggono negli stessi eventi lezioni diverse sull’Italia.

Maggioritaria è la reazione di chi si indigna per il presunto abuso di potere del ministro, per la familiarità che consente alla compagna di Salvatore Ligresti di rivolgersi all’amica diventata ministro per segnalarle il caso di Giulia Maria detenuta a rischio della salute. E infine per l’interessamento della Cancellieri, anche se tutti i magistrati intervenuti nel caso escludono che il ministro abbia esercitato forzature.

Da Repubblica al Fatto, passando per M5S e per molti esponenti del Pd, questa corrente di indignazione spinge per la richiesta di dimissioni. Nel nome dei detenuti “qualunque” che non godrebbero di attenzioni particolari: una campagna di facile e immediata presa.

Non mi dispiace essere di altro parere. Con Luigi Manconi, con Gad Lerner, con molti altri di sinistra e non, compresi i nemici delle toghe vicini al Cavaliere.

Qui c’è uno dei valori da rifondare. Anzi da recuperare, per chi è cresciuto in una sinistra anti autoritaria che non amava né i ministri né i bancarottieri, ma neanche quel concentrato di potere tecnicamente irresponsabile che può fare di un giudice – se superficiale, o distratto, o carrierista, o prevenuto, o incapace – il padrone assoluto della vita di chiunque ben prima che la macchina si pronunci su colpevolezza o innocenza.

Per me nella vicenda di Giulia Maria Ligresti questo è il prius. So che il ministro Cancellieri è fra i pochi politici che abbiano cercato di fare qualcosa per la condizione infernale della popolazione carceraria, dopo di che se si accerterà un abuso dovrà lasciare. Ma non mi rassegno a ignorare la premessa, l’abuso di potere del gip: più grave per le sue conseguenze e soprattutto perché, contrariamente all’intervento del ministro, l’ostinazione giudiziaria è fenomeno quotidiano, diffuso, direi fisiologico in un sistema inefficiente.
La sinistra che potrebbe risorgere dal ventennio berlusconiano e antiberlusconiano la vorrei anche così, esigente nei confronti di tutti i poteri compreso quello togato, protetto a lungo e acriticamente. Lo dico anche a Matteo Renzi, che su Silvio Scaglia ha avuto il coraggio di sollevare lo stesso tema. E pazienza per lo scandalo.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.