Nel dibattito vinca di nuovo il PD

Che cosa ci aspettiamo stasera dal primo e unico dibattito televisivo fra i candidati alla segreteria del Pd?
Innanzi tutto l’impatto positivo che ebbero i dibattiti dello scorso anno, che furono il momento migliore non di questo o quel candidato ma dell’intera campagna, e per l’intero partito. L’immagine che il centrosinistra e i democratici seppero dare fu quella di un luogo civile della politica, con tante differenze ma anche tante idee, con autentica passione e con l’impegno esplicito, dichiarato, a sostenersi a vicenda dal giorno dopo il voto. Cosa che poi avvenne, anche destando sorpresa: secondo tutti gli analisti, Matteo Renzi mosse proprio in quelle settimane il primo passo nel cuore di un partito che generalmente diffidava di lui. La gestione della sconfitta fu più efficace dei blitz tentati alla ricerca della vittoria.
Così deve essere anche adesso. Il Pd è il protagonista assoluto della scena politica, il che lo espone ad attacchi concentrici e ingigantisce qualsiasi debolezza. Niente sarebbe più dannoso di un messaggio di divisioni esasperate e soprattutto di dubbi sulla futura stabilità e unità interna.
È facile prevedere che dall’8 dicembre il Pd avrà una sua maggioranza e una sua minoranza, la cui entità è il principale oggetto del contendere delle primarie. È un fatto molto positivo, ripensando ai danni catastrofici causati dalle unanimità fasulle tenute in piedi da filiere di potere. È la condizione fisiologica di tutti i partiti progressisti, nei cui congressi l’alternanza è la normalità.

Il caso del Pd sarà però, una volta di più, anomalo. Maggioranza e minoranza saranno asimmetriche, come si capisce in queste giornate. Sfrondati dagli inevitabili eccessi dovuti alla propaganda, gli attacchi di Cuperlo a Renzi configurano una sinistra interna certo non più nostalgica ma ideologicamente “canonica”, come Cuperlo stesso ha voluto definirla. Un’area politica che potreste collocare a occhi chiusi lungo l’asse tradizionale destra-sinistra, tant’è vero che Cuperlo cerca in ogni modo di schiacciare il suo principale oppositore appunto su una destra altrettanto “canonica”.
Renzi non è tipo da farsi stringere in una simile posizione. È il primo dirigente ex Margherita che non perde tempo a specificare di essere «di centrosinistra e non di sinistra». Rivendica un’idea della sinistra talmente ampia e fluida che chiunque potrebbe sentirsene parte. Probabilmente questo contrasto, insieme al ruolo che vorrà giocare Pippo Civati, sarà l’aspetto più interessante della serata tv. E che tutti si impegnino a farne uscire vincente il Pd.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.