Deroga oggi, deroga domani

In una chiara e poco elusiva intervista a Concita De Gregorio, sabato il sindaco di Torino Piero Fassino ha usato un argomento frequente e baldanzoso contro il limite dei mandati parlamentari chiesto da molti che ritengono che un ricambio delle classi dirigenti sia buona cosa.

«Se avessimo avuto il limite a 2 mandati Napolitano non sarebbe presidente della Repubblica»

Sul tema, e sulle buone ragioni della proposta era stato molto efficace Giuliano Pisapia, in una precedente intervista con De Gregorio. Ma mi fermo invece sull’argomento di Fassino per mettere a verbale quanto sia suggestivo e insieme fragile. Quel che dice Fassino implica che esistano persone insostituibili, e se è del tutto condivisibile la stima per il presidente Napolitano e per il modo in cui ricopre il suo ruolo, è chiaro che non possiamo considerarlo condizione imprescindibile per il funzionamento della democrazia. Quella che Fassino propone è di fatto una norma ad personam, in una logica per cui allora avremmo dovuto anche consentire una deroga alla ricandidatura di Chiamparino se pensassimo che è stato un buon sindaco di Torino, o consentire alle giunte sarda e romana di violare le norme sulle quote rosa nel momento in cui avessero dimostrato la qualità dei loro componenti maschi. Non è sulle straordinarie qualità dei singoli che si stabiliscono le regole, ma sulla valutazione della norma. E non possiamo pensare che il paese dipenda da persone uniche.
Ma aggiungo un’altra cosa: se Fassino si prende la libertà di usare un dato soggettivo e opinabile (la valutazione positiva su Napolitano), chiunque abbia un’opinione diversa può allora accusare il limite dei due mandati di aver prodotto una scelta sbagliata, o addirittura di aver impedito scelte migliori: chi ci garantisce che il limite non ci avrebbe offerto un presidente della repubblica di addirittura maggiore qualità e soddisfazione?
Non è sui casi singoli e sulle opinioni personali che si fanno le scelte giuste: si fanno sui fatti, sui dati, sui macrofenomeni, anche quando conoscono delle eccezioni. La maggiore età a 18 anni non prevede deroghe per chi dimostri – e ce ne sono eccome – precoci maturità (o tardive): e senza concedere deroghe al minimo dei 25 anni in parlamento ci siamo senz’altro giocati dotati e capaci giovani politici migliori di certi che abbiamo ora (magari un piccolo Napolitano). E sapete che cosa abbiamo deciso di fare, invece? Abbiamo deciso di stabilire buone regole generali e di rispettarle, senza trucchi.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).