Copiare la musica etiope

Un riverito critico musicale inglese, Simon Reynolds, s’è preso il disturbo di fare qualche ricerca, alla fine concludendo che, vista la carestia di nuove idee che perseguita il pop-rock angloamericano, l’unica cosa da fare sia andare in cerca di suggerimenti, spunti e idee nelle scene marginali del pianeta. Per sostenere la tesi prova a frugare dov’è difficile immaginare, ovvero nel pop amarico anni Ottanta, nella scena della musica leggera etiope di quel decennio, in particolare nel repertorio di Yeshimebet Dubale e di Kenedy Mengesha (o Kenede, o Kennedy) una lei e un lui che ebbero vasta e popolare produzione in quegli anni, sia singolarmente che in coppia e che sono tutt’ora venerati dai connazionali. È una buona idea fidarsi di Reynolds, ma in questo caso il suggerimento è illuminante.
https://www.youtube.com/watch?v=XNY3poyjRww
Provare per credere, con due sensazionali videoclip vintage: “Liben Sitarochew” di Dubale & Mengesha che gorgheggiano in abiti da sera e la versione dello stesso brano che la Dubale presenta da sola.


Secondo Reynolds da queste parti sarebbe arrivato, prima di lui e di noi, Ariel Pink, il titolare del disco “indie” americano più gettonato degli ultimi mesi ad opera della critica specializzata. Procedendo al confronto con “Reminescences” di Ariel Pink, il plagio è palese. Sul fatto che sia un’operazione interamente indegna, lo stesso Reynolds sospende il giudizio.

Stefano Pistolini

Stefano Pistolini fa il giornalista e lo scrittore ed è autore radiotelevisivo. Collabora con Il Foglio.