Contrastare l’«antipolitica» offrendole un argomento al giorno

Lo scrivo per l’ultima volta, promesso.

Leggo che l’alleanza ‘tecnica’ tra Pd e Pdl sta facendo acqua da tutte le parti. Che Fornero dice: o passa la riforma o si va al voto. Che qualcuno parla del voto ad ottobre.

Tutte cose che personalmente avevo previsto: dopo il forte abbrivo, il governo Monti avrebbe registrato parecchie difficoltà. E così i partiti che lo sostengono, in particolare il Pd, perché il Pdl, invece, aveva bisogno di tempo per rifarsi un profilo meno compromesso con i disastri degli ultimi anni.

Leggo anche che Bersani dice che bisogna «fermare» e «contrastare» l’antipolitica: un «vento cattivo che rischia di spazzarci via tutti».

Bene, con qualche ritardo, ci si pone il problema. È notevole che lo si faccia ora, quando è evidente da anni. Ed è un problema strutturale del nostro sistema politico.

Quello che mi chiedo è: come si pensa di contrastare e fermare la cosiddetta antipolitica? Perché finora il programma per recuperare i voti dall’astensionismo e dalla cosiddetta antipolitica sono è stato forte, non c’è che dire. Mi permetto di indicare i messaggi che sono ‘passati’ e alcuni miei brevissimi commenti.

1.
Avanzare la proposta di Sposetti, ex tesoriere Ds, di aumentare (!) il rimborso ai partiti (l’idea geniale è di qualche mese fa) e difenderne la ratio fino alla morte?

Il Pd avrebbe dovuto rinunciare a una quota di rimborso pubblico già in occasione della manovra di dicembre (sarebbe stata, oltretutto, una campagna da qualche milioni di dollari, in termini di marketing politico, ma sarebbe stato troppo facile): rinunciare a una quota proporzionale ai sacrifici che si chiedevano ai cittadini e agli enti locali. E magari a qualcosina in più. E, dopo i casi Lusi e Belsito, avrebbe dovuto presentare una serie di proposte per una profonda revisione non solo del sistema dei finanziamenti e dei suoi controlli, ma anche della loro entità, con l’indicazione di una loro progressiva diminuzione: ricorrere a formule diverse da quelle attuali non è impossibile (alcune ipotesi le trovate sui principali quotidiani).

2.

Ricandidare chi è in Parlamento dagli Anni Ottanta e affidare i compiti più importanti dell’elaborazione della nostra proposta politica (penso alla riforma elettorale) ai protagonisti della Seconda Repubblica che provengono dalla Prima?

Il Pd dovrebbe pretendere da tutti il rispetto del limite dei tre mandati previsto dallo Statuto, affermare fin d’ora che le liste saranno composte da metà donne (che saranno anche elette, piccolo particolare) e che i candidati saranno scelti con il sistema delle primarie per i parlamentari (il ‘nostro’, ad esempio, che nessuno si è ancora sognato di discutere, ovviamente). Assumere che il ricambio è un fatto naturale, e che la mossa del delfino non va bene: le figure nuove le scelgono gli elettori, non i dirigenti per cooptazione. Non in questo momento, soprattutto.

3.

Spiegare che Lusi era della Margherita, che noi siamo irreprensibili, e che c’è molta demagogia, che gli antipolitici vogliono solo il nostro male, che c’è un disegno contro la politica che coinvolge un po’ tutti.

Per prima cosa, lo sapevamo, che il governo tecnico avrebbe fatto risaltare le incertezze della politica. E i suoi ritardi. Ora non possiamo dircene sorpresi.

Il Pd dovrebbe optare per la cultura della legalità sempre. Aprendo una riflessione sui tanti ‘casi’ che hanno riguardato nostri esponenti: una riflessione politica, perché non ci interessa il dato giudiziario. Ma di fronte a vicende come quelle di Lusi e non solo, gli occhi vanno aperti. Ora o mai più.

Come scrissi in occasione del V-Day lanciato da Grillo un secolo fa, le tre richieste di quella piazza non erano sbagliate: chi è condannato o coinvolto in vicende giudiziarie gravi, non va candidato, nel primo caso «perché di sì», nel secondo per ovvi motivi di opportunità politica; i vitalizi per i parlamentari sono uno scandalo vero (e infatti, dopo un po’, ne hanno modificato il meccanismo); i parlamentari devono rimanere in Parlamento per un tempo determinato. Avessimo raccolto allora l’appello….

Da ultimo, ma per primo, il Pd dovrebbe aprire un confronto più serrato con i movimenti che provengono dalla società civilissima, che spesso hanno toni del cazzo (tecnicismo) ma che pongono problemi sentiti dal 99%.

Il Pd lo fa con la Lega, spiegando – in modo scivoloso, perché lì la questione è parecchio diversa – che gli elettori leghisti sono diversi dai leader leghisti, non si capisce perché non riesca a trovare modalità d’iniziativa politica presso elettori che spesso sono nostri elettori delusi (che infatti sono diversi dai leader democratici, scherzo).

Sono anni che chiedo un atteggiamento diverso, più aperto e rigoroso. Più concreto. «Contrastare l’antipolitica», con l’atteggiamento ingenuo di chi si considera ‘offeso’ da cittadini senza argomenti, offrendole un argomento al giorno, non mi sembra la strategia più sensata.

Ma sono sicuramente io a sbagliare.

P.S.: come già l’anno scorso, in virtù del meccanismo elettorale del doppio turno, la famosa antipolitica e l’astensionismo saranno ‘funzionali’ alle vittorie del centrosinistra. Che ovviamente, come già l’anno scorso, celebreremo come nostre, dimenticandoci che già l’anno scorso, l’antipolitica che si presenta alle elezioni, aveva fatto il botto. Era successo vent’anni fa con la Lega, che in alcuni casi aveva toni molto simili. Non vorrei portare sfortuna. Ma una riflessione ce la farei.

Pippo Civati

Pippo Civati è il fondatore e direttore della casa editrice People. È stato deputato eletto col Partito Democratico e ha creato il movimento Possibile. Il suo nuovo libro è L'ignoranza non ha mai aiutato nessuno (People).