Nel carcere di Reggio Emilia è vietato protestare

Martedì 25 settembre, durante la rubrica Radiocarcere in onda su Radio Radicale, è stata letta  una lettera scritta da un gruppo di persone detenute nel carcere di Reggio Emilia.

“Cara Radiocarcere,

ti volevamo informare che, dopo un paio di giorni dalla iniziativa non violenta della battitura della speranza, nei corridoi del carcere di Reggio Emilia è comparso un avviso firmato del direttore del carcere. Un avviso che ci vietava per il futuro di aderire a qualsiasi  protesta pacifica, per non subire un procedimento disciplinare.

Ora, puoi immaginare il nostro stato d’animo nel leggere un avviso del genere, anche per la paura che abbiamo di dover subire anche un trasferimento in un carcere lontano dalle nostre famiglie.

Comunque sia, noi abbiamo staccato dalla bacheca quell’avviso e te lo inviamo perché  solo tu ci puoi aiutare dandoci voce e diffondendo quest’ennesima ingiustizia che siamo costretti a subire.

Ciao”

Un gruppo di persone detenute nel carcere di Reggio Emilia

Ed in effetti, l’avviso sottoscritto dal direttore del carcere di Reggio Emilia lascia a dir poco perplessi.

Si avvisa la popolazione detenuti di tutti i reparti detentivi che, dalla data odierna non sarà più tollerata alcuna forma di protesta anche se pacifica. Qualsiasi violazione alla presente disposizione sarà oggetto di rilievi disciplinari anche collettivi.
Reggio Emilia: 3 settembre 2012, il Direttore (Paolo Madonna)”.

Un avviso che, se pur illegittimo, non è arrivato a caso. Infatti, pochi giorni prima, ovvero il 30 agosto, i Radicali tramite i microfoni di Radiocarcere avevano promosso un’altra iniziativa non violenta, nell’ambito della campagna per l’amnistia e per ripristinare la giustizia nel nostro Paese. Iniziativa non violenta denominata “la battitura della speranza”, che ha registrato un’importante adesione nelle carceri italiane. Più di 100 gli istituti penitenziari interessati, oltre 41 mila le presone detenute che quel giorno hanno percosso le pentole sulle sbarre per mezz’ora. Un gran rumore quindi, che però non ha determinato nessun danno e nessun atto violento, come confermato dal Dap.

Eppure, il direttore del carcere di Reggio Emilia non ammette neanche questo e scrive: “Non sarà più tollerata alcuna forma di protesta anche se pacifica”.

Interessante. Allora, se in segno di lotta non violenta per l’amnistia, dei detenuti si grattano la testa in un orario prestabilito, ciò sarebbe sufficiente per una punizione, o peggio per un trasferimento? Se la logica non è un’opinione, pare di si. Ma non finisce qui. Il direttore del carcere di Reggio Emilia, ci tiene a precisare: “Qualsiasi violazione sarà oggetto di rilievi disciplinari anche collettivi”.
Mi piacerebbe chiedergli: caro Direttore, se un detenuto pone in essere una protesta pacifica, lei ne punisce 100? Ma dove siamo in istituti dello Stato o alle fosse Ardeatine?

Sta di fatto che ora questo “avviso” è al vaglio del provveditore delle carceri dell’Emilia Romagna, che né valuterà la legittimità  e, nel caso, saprà prendere i provvedimenti opportuni. Resta però l’amaro in bocca. E neanche poco. Infatti non solo si consente che le persone detenute vivano in condizioni a dir poco vergognose, ma se queste organizzano un’azione non violenta per sollecitare il Parlamento a riformare la giustizia e l’esecuzione delle pene, rischiano di essere anche puniti. Un assurdo. Anzi, uno dei tanti.

Riccardo Arena

Riccardo Arena cura la rubrica Radiocarcere in onda il martedì e il giovedì alle 21 su Radio Radicale.