La scissione concordata del centrodestra

Non vorrei che la catarsi dello scontro fra Berlusconi e Alfano avesse – come obiettivo calcolato o come esito inerziale – un nuovo equilibrio fondato su un paradosso: che Berlusconi e i suoi con Forza Italia si sfilano dalla maggioranza; e che il governo rimane in piedi e la legislatura procede con grande soddisfazione dello stesso (ex) Cavaliere. In altre parole, nel centrodestra assisteremmo a una scissione relativamente concordata, che lascerebbe ad Alfano (e a Letta) il numero sufficiente di senatori per andare avanti mentre, a quel punto con le mani libere, Forza Italia potrebbe sfogare dall’opposizione la rabbia per la decadenza di Berlusconi e l’avversità a una manovra tornata a essere «piena di tasse». Pare che l’ipotesi sia vista a palazzo Chigi nei termini di un rafforzamento della maggioranza, a quel punto numericamente ridotta ma politicamente più coesa.

Ora, io non so quale livello di maggiore coesione si possa costruire con Giovanardi e Formigoni, ma ammetto che la battuta è facile. Il punto è che non credo che un simile esito garantirebbe l’effettivo rafforzamento del governo e delle prospettive della legislatura. Intanto per una ragione “di sistema”. Per quanto siano state una medicina amara, le larghe intese si intendono tali se vedono insieme Pd e Pdl, i democratici e Berlusconi, due storici avversari che provano a fare un pezzo di riforme insieme. Con tutto il rispetto, una “intesa” con il solo Alfano può apparire utile a dividere l’avversario, ma perde del tutto il significato “di sistema” che Napolitano ha sempre inteso dare a questa stagione.

E poi c’è l’ovvia considerazione di vantaggio politico. Forza Italia sogna di avere tutto. Capra e cavoli. Il tempo per rimettersi in pista dandosi nuovi assetti (quindi no a elezioni a breve), ma anche campo aperto per poter demolire il governo e il centrosinistra d’intesa con Cinquestelle e le loro propaggini editoriali. Per poi magari addirittura, chissà, rimettersi d’accordo con Alfano a missione compiuta. Quasi come con Monti un anno fa. Troppo facile. Il Pd non potrà consentirselo e consentirlo. Letta lo sa: dalla scissione Pdl gli verrebbe un beneficio avvelenato. Anche se l’evento – magari ulteriormente drammatizzato ad arte – avrebbe un’utilità per il Pd: sollevare l’attesa e la mobilitazione del suo elettorato per uno show down più ravvicinato; e quindi portare ai seggi delle primarie molte più persone del previsto.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.