Oltre

Non avevo scritto niente della scelta di Barbara Spinelli di fare il deputato europeo, scelta che platealmente sovverte le cose che lei e altri mi avevano risposto quando avevo detto di come mi sembrasse scorretto e poco democratico il meccanismo delle candidature per finta che aveva messo in piedi ala lista L’altra Europa per Tsipras. Non avevo scritto niente perché non potevo crederci, e aspettavo che Spinelli ritirasse le sue tentazioni in questo senso e tornasse al minimo dovuto di coerenza e saggezza annunciando che no, erano solo chiacchiere, e lei come promesso avrebbe ceduto il posto al secondo eletto.

Invece non erano chiacchiere: vedo che la decisione è presa. E non ho nessun dubbio che sia stata “sofferta”, come dice Spinelli: per questo non reagisco prendendola in giro o ridacchiando della brutta figura, come vedo fanno in molti e comprensibilmente. Reagisco con meraviglia, delusione, e incredulità rispetto ai livelli di acrobazia logica e sfacciataggine raggiunti. L’argomento principale che i responsabili della lista – la scelta di Spinelli la vedo ora sostenuta da molti di loro, non è un suo capriccio da cui prendono le distanze – avevano opposto a me e agli altri critici del meccanismo delle candidature finte, era che “è vero, è un trucco, ma serve per darci visibilità ed è del tutto trasparente, gli elettori ne sono informati e quindi non li inganneremo”. Ora invece quello che hanno scelto di fare è di ingannare gli elettori esattamente su ciò su cui avevano annunciato essi stessi onestà e trasparenza: e di contraddire lo stesso argomento sostenuto contro i critici. L’imbroglio era uno, sono diventati due.

Poi che Spinelli possa essere un’ottima deputata europea – come sostengono in diversi spostando strumentalmente la questione – non abbiamo ragione di dubitarlo (oddio, dopo questo pateracchio, qualche nuova ragione di affidabilità affiora): ma questo sviluppo è il trionfo più veterocomunista del fine che giustifica i mezzi, e della pretesa che le presunte qualità delle persone discendano da un atto ideologico di fede, invece che dalla loro dimostrazione quotidiana nella realtà. La realtà di questa elezione al momento è fatta di un trucco, di un inganno e di una bugia, costruiti da chi si propone come alternativa a trucchi, imbrogli e bugie.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).