Sull’immigrazione i Laburisti britannici l’hanno fatto di nuovo
Hanno presentato una riforma molto restrittiva del sistema d'asilo, che piace quasi più alla destra che ai loro parlamentari

Lunedì il governo del Regno Unito, dei Laburisti, ha presentato una riforma del sistema d’asilo molto restrittiva. Lo è anche per gli standard della politica britannica, che nell’ultimo anno si è spostata considerevolmente a destra sull’immigrazione, al punto che è stata contestata da una parte del gruppo parlamentare dei Laburisti e che i Conservatori, all’opposizione, si sono offerti di garantire al governo i voti per farla approvare.
La riforma è piaciuta persino a Reform UK, il partito sovranista di Nigel Farage che da mesi è primo nei sondaggi. La reazione di Reform, di fatto, è stata sostenere che i Laburisti non siano adatti a mantenere promesse così simili alle sue. Il vice leader Richard Tice ha detto che i discorsi della ministra dell’Interno, Shabana Mahmood, «iniziano a suonare come se volesse candidarsi a entrare» nel partito. È un’esagerazione, ma non così lunare.
Uno dei principali interventi annunciati da Mahmood riguarda la durata dello status di rifugiato: non sarebbe più di cinque anni, ma la richiesta dovrà essere ripresentata ogni due e mezzo. L’obiettivo è espellere i migranti se, nel frattempo, il loro paese d’origine sarà stato considerato “sicuro” dal governo. Inoltre i migranti entrati illegalmente nel Regno Unito dovrebbero attendere vent’anni, e non più cinque, per maturare i requisiti per un permesso di soggiorno permanente (sarebbe il periodo più lungo tra i paesi europei).
La ministra dell’Interno, Shabana Mahmood, arriva a una riunione del governo, il 18 novembre (© Tayfun Salci/ZUMA Press Wire)
I richiedenti asilo, cioè le persone che hanno chiesto di ottenere una forma di protezione internazionale, potranno fare ricorso una volta sola se questa verrà rifiutata. L’accesso ai sussidi non sarà più automatico, ma «discrezionale», e verranno interrotti alle persone che si rifiutano di lasciare il paese dopo un ordine d’espulsione. Per loro, il governo aumenterà gli “incentivi” economici per andarsene volontariamente: non si sa di quanto, al momento sono di 3mila sterline (3,4mila euro). La riforma facilita le espulsioni di famiglie, inclusi i figli minorenni, e rende più difficili i ricongiungimenti familiari.
BBC News ha spiegato che è senza precedenti perché riscrive l’approccio dello Stato verso i richiedenti asilo, concentrandosi non più sui doveri di assistenza verso di loro ma sui poteri che può esercitare.
Le nuove regole sono state criticate un po’ da ogni punto di vista: politico, legale ed economico. Per esempio il Refugee Council, una delle principali ong che assistono le persone migranti, ha stimato che il governo britannico dovrà riesaminare 1,4 milioni di casi nei prossimi 10 anni, spendendo 872 milioni di sterline (quasi un miliardo di euro).
Il piano dei Laburisti non solo riprende precedenti proposte dei Conservatori, ma anche i loro slogan (anche questa non è una novità). Citando le più di 110mila richieste d’asilo fatte tra giugno 2024 e giugno 2025, Mahmood ha sostenuto che il sistema sia «rotto» e «fuori controllo»: è la stessa retorica di Reform. Ha anche minacciato ritorsioni sui visti ai paesi che non collaborano con le espulsioni, paragonate dai media a quelle di Donald Trump negli Stati Uniti.
Tra l’altro Mahmood ha dovuto smentire che la riforma comportasse la confisca dei gioielli alle persone migranti, come avevano ipotizzato i media leggendone il testo. È vero però che prevede la possibilità di confiscare beni per pagare le spese dell’accoglienza: una cosa che è avvenuta assai raramente anche in Danimarca, il modello a cui si sono ispirati i Laburisti (e prima di loro la destra europea) per l’approccio particolarmente duro verso l’immigrazione.
Il piano dei Laburisti va visto nel contesto delle loro difficoltà politiche. Nei sondaggi sono staccati da Reform di oltre dieci punti, appaiati sulle stesse percentuali di Conservatori, Libdem e Verdi, cioè gli altri tre partiti che si giocano il secondo posto. Il programma di Reform è basato in gran parte sul contrasto all’immigrazione, con la promessa di piani di espulsioni di massa, e gli altri partiti gli sono andati dietro, Laburisti compresi.
Da un lato quindi la proposta è fatta per provare a recuperare consensi. Dall’altro la tattica del governo, pur sempre guidato da un partito di centrosinistra, è sostenere che aggiustare il sistema d’asilo, irrigidendolo, sia l’unico modo per migliorarlo ed evitare che un eventuale futuro governo guidato da Reform prenda misure ancora più radicali.
Mahmood ha risposto che Farage può «togliersi dai piedi» e non è interessata a quello che ha da dire, quando le hanno riferito dell’invito provocatorio a unirsi a Reform
È una narrazione rischiosa da mantenere, come è stato fatto notare a Mahmood durante un’intervista televisiva: nel breve termine l’effetto di un piano così duro è stato dare legittimità alle proposte di Farage. Al tempo stesso il piano è ritenuto eccessivo da un pezzo del Partito Laburista, ed è stato criticato pubblicamente da una ventina di suoi parlamentari. Questo succede in un periodo di grandi attenzioni per le divisioni interne al partito e di voci insistenti sulla possibilità di sostituire Keir Starmer come leader, e quindi come primo ministro, prima delle prossime elezioni.
– Leggi anche: I Laburisti vogliono sostituire Keir Starmer?
Starmer ha sostanzialmente delegato la comunicazione della riforma a Mahmood, una cosa piuttosto inusuale vista l’insistenza con cui sui suoi profili social pubblicizza le espulsioni di migranti e le politiche securitarie del governo. In un’intervista di lunedì al Daily Mirror non ha praticamente toccato la questione.
Mahmood, invece, è stata battagliera. Il partito la ritiene l’esponente più adeguata a difendere la riforma, anche per la sua storia familiare: è figlia di genitori pakistani, immigrati regolarmente. Lunedì la ministra ha risposto piccata ai Libdem che l’avevano accusata di seminare divisioni: «Vorrei fosse possibile dire che non c’è un problema qui. Ma sono io quella che viene regolarmente chiamata “fottuta Paki” e a cui viene detto di tornare a casa» (Paki è un epiteto razzista per le persone pakistane).



