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  • Lunedì 17 novembre 2025

La crisi idrica in Iran è la peggiore da decenni

Da fine settembre a Teheran è caduto solo un millimetro di pioggia: l'acqua è già razionata e molti bacini artificiali sono secchi

La diga Amir-Kabir sul fiume Karaj, nella provincia di Alborz, il 10 novembre 2025 (EPA/ABEDIN TAHERKENAREH)
La diga Amir-Kabir sul fiume Karaj, nella provincia di Alborz, il 10 novembre 2025 (EPA/ABEDIN TAHERKENAREH)
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L’Iran sta vivendo una crisi idrica senza precedenti in tempi recenti. Normalmente l’autunno è la stagione in cui le piogge sono più abbondanti, ma quello in corso è il più secco in oltre cinquant’anni: a settembre le precipitazioni sono state quasi nulle e le riserve idriche sono ormai a livelli minimi.

Il governo sta provando a rispondere alla crisi idrica con varie misure, tra cui il razionamento dei consumi, soprattutto nella capitale Teheran, e misure pensate per limitare la dispersione dell’acqua. Se la siccità continuerà il presidente Masoud Pezeshkian ha anche ipotizzato la possibile evacuazione di alcune zone della città, anche se non è chiaro quali sarebbero i modi, dove i cittadini verrebbero ospitati e come questo risolverebbe il problema.

Il fiume Karaj quasi asciutto vicino alla diga Amir-Kabir (EPA/ABEDIN TAHERKENAREH)

Lo scorso fine settimana il governo ha provato a usare anche il cosiddetto cloud seeding (traducibile in italiano come “inseminazione delle nuvole”), una tecnica di stimolazione artificiale delle piogge. È stato effettuato sopra il bacino del lago Urmia, che era il più grande del paese ma che negli ultimi trent’anni si è in larga parte prosciugato, lasciando una distesa di terreno salato. Non ha dato effetti immediati e verrà ripetuto in altre zone delle province nord-occidentali del paese.

Il cloud seeding è una tecnica basata sulla diffusione di getti di ioduro d’argento o di ghiaccio secco (anidride carbonica allo stato solido) all’interno delle nuvole, da aerei appositi o tramite cannoni da terra, in modo da favorire la condensazione del vapore e far aumentare le precipitazioni. È nota in meteorologia fin dagli anni Cinquanta, ma esistono da tempo dubbi e perplessità sulla sua efficacia e sulla sua concreta utilità. In Iran è già stata usata in passato, così come in Cina, negli Emirati Arabi Uniti e in India.

La stagione umida in Iran è cominciata da 50 giorni, ma in più di metà delle 31 province del paese non è mai piovuto. Secondo il Centro nazionale iraniano di previsioni meteorologiche, nel paese le precipitazioni sono complessivamente calate dell’89 per cento. A Teheran dal 23 settembre (data in cui in Iran comincia per convenzione l’anno meteorologico) è caduto un solo millimetro di pioggia, contro una media di 220 millimetri l’anno fra il 1991 e il 2020.

Una barca abbandonata sul fondale secco del lago Hamun, in Iran, al confine con l’Afghanistan (Mohammad Dehdast/dpa)

Questo autunno particolarmente secco segue un’estate molto calda (più del consueto) e cinque anni consecutivi di siccità: questo ha fortemente intaccato le riserve nazionali d’acqua. Oltre trenta bacini artificiali in cui l’acqua viene abitualmente raccolta hanno riserve inferiori al 10 per cento della loro capacità, e decine di altre sono in condizioni solo leggermente migliori.

L’Iran ha più di 500 dighe attive e progetti per costruirne altrettante, ma questo modello di raccolta e distribuzione delle acque è in crisi. Circa l’80-90 per cento dell’acqua è destinata al consumo agricolo. Dopo la rivoluzione islamica del 1979 il regime iraniano ha fortemente incentivato e sviluppato l’agricoltura in molte regioni, con l’obiettivo di arrivare a un’autosufficienza alimentare, che molti esperti locali però considerano non sostenibile. In alcuni casi si tratta di coltivazioni che hanno bisogno di grandi quantità d’acqua.

Un altro problema è l’inefficienza della rete idrica, vecchia e manutenuta male soprattutto nella capitale Teheran, dove vivono circa 14 milioni di persone e dove la dispersione è alta. Grazie a campagne di sensibilizzazione, ma anche a interruzioni notturne della distribuzione, negli ultimi mesi gli abitanti della capitale hanno ridotto i consumi del 10-12 per cento, ma l’obiettivo del governo è arrivare al 20 per cento: questo permetterebbe di avere acqua in città almeno per i prossimi due mesi, ma un taglio così consistente dei consumi non è un obiettivo facile da raggiungere.

In alcuni quartieri si registrano già cali di pressione sensibili, mentre in altre province del paese l’acqua arriva con le autobotti. Il governo ha invitato i cittadini a procurarsi delle riserve d’acqua da tenere in casa per far fronte alle interruzioni della distribuzione. Anche nella seconda città del paese, Mashhad, la situazione è complessa: i quattro bacini idrici che riforniscono la città sono al 3 per cento della loro capacità.

La rete idrica avrebbe bisogno di modifiche strutturali, che al momento sono molto difficili: il paese attraversa una profonda crisi, aggravata dalla guerra con Israele della scorsa estate e dalle pesanti sanzioni internazionali che da anni isolano l’economia iraniana.