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  • Domenica 16 novembre 2025

Cosa faranno gli Stati Uniti con tutte quelle navi da guerra in Venezuela

Sta arrivando al largo del paese la più grande portaerei americana, mentre l'opposizione venezuelana ha chiesto all'esercito di disertare

Nicolás Maduro a Caracas il 5 luglio 2025
Nicolás Maduro a Caracas il 5 luglio 2025 (Jesus Vargas/Getty Images)
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La USS Gerald R. Ford, la più grande portaerei a disposizione degli Stati Uniti – e probabilmente la nave militare con il maggiore potenziale distruttivo al mondo – è entrata in questi giorni nelle acque del mar dei Caraibi e dovrebbe posizionarsi a breve al largo del Venezuela, a distanza sufficiente per colpire il territorio del paese.

È l’ultimo passaggio di un impressionante spostamento di forze navali in Venezuela: gli Stati Uniti hanno dispiegato al largo del paese circa 15 mila soldati e una quindicina di imbarcazioni militari, tra cui mezzi di assalto anfibio e un sottomarino d’attacco. Hanno anche posizionato dieci caccia F-35 nella vicina Puerto Rico. Non si vedeva un dispiegamento di forze simile dal 1989, quando gli Stati Uniti invasero Panama.

Formalmente tutta questa forza militare dovrebbe servire per le presunte operazioni antidroga che gli Stati Uniti stanno facendo nel mar dei Caraibi, dove attaccano le piccole imbarcazioni sospettate di essere usate dai narcotrafficanti per portare stupefacenti dal Venezuela agli Stati Uniti. Gli attacchi sono stati finora più di 20, e questa settimana il Pentagono ha anche dato un nome alla missione, «Lancia del sud».

In realtà l’amministrazione di Donald Trump sta portando avanti da mesi varie forme di pressione contro il regime venezuelano di Nicolás Maduro, con l’intento implicito di rovesciarlo, e in questo contesto un attacco militare è possibile. Gli esperti sostengono che bombardamenti contro obiettivi strategici del Venezuela siano possibili, ma che un’invasione di terra sia improbabile, anche vista la quantità di forze dispiegate finora.

Un militare venezuelano mostra a una donna come usare un fucile a Caracas, settembre 2025

Un militare venezuelano mostra a una donna come usare un fucile a Caracas, settembre 2025 (AP Photo/Ariana Cubillos)

Venerdì Trump ha detto di aver deciso cosa fare con il Venezuela: «Di fatto ho deciso, sì. Cioè, non posso dirvi cosa sarà, ma ci siamo», ha raccontato ai giornalisti. Secondo fonti dei media americani, negli scorsi giorni Trump ha ricevuto briefing in cui gli sono state presentate varie opzioni di attacco: alcune riguardano più strettamente il governo del Venezuela, con bombardamenti a basi militari e ai luoghi del potere politico; altre si limitano a colpire i centri di produzione della cocaina e le vie di comunicazione più usate dai narcotrafficanti.

Nel frattempo Maduro, in Venezuela, ha annunciato una «mobilitazione di massa» delle forze armate per difendere il paese, e la propaganda sui media mostra di frequente militari a pattugliare le città. Al tempo stesso, sta adottando una peculiare retorica pacifista. Sabato, durante un comizio politico, ha invocato la pace nella regione e si è messo a canticchiare Imagine di John Lennon.

Anche l’opposizione venezuelana, che opera in clandestinità a causa della repressione di Maduro, ha cominciato a muoversi. María Corina Machado, che ha da poco vinto il premio Nobel per la Pace, dice da tempo che lei e i suoi collaboratori sono pronti a prendere il potere nel caso in cui il regime crollasse. Sabato Machado ha anche inviato un messaggio vocale sui social media, in cui ha chiesto alle forze armate venezuelane di disertare e abbandonare il regime.