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  • Domenica 16 novembre 2025

La grossa crisi tra Cina e Giappone, su Taiwan

Dopo una dichiarazione della prima ministra giapponese: ci sono state ritorsioni commerciali, provocazioni navali e molti insulti

La prima ministra giapponese Sanae Takaichi in parlamento a Tokyo, 21 ottobre 2025
La prima ministra giapponese Sanae Takaichi in parlamento a Tokyo, 21 ottobre 2025 (Kyodo News via AP)
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Nel giro di due settimane dalla sua nomina la nuova prima ministra del Giappone, la nazionalista di destra Sanae Takaichi, si è trovata nel pieno di una grave crisi con la Cina, la peggiore degli ultimi anni. La crisi è stata provocata da una dichiarazione della stessa Takaichi che a inizio novembre, parlando in parlamento, aveva detto che se la Cina dovesse invadere Taiwan il Giappone potrebbe considerare l’attacco all’isola come una «minaccia esistenziale», e rispondere militarmente.

Per la Cina la questione di Taiwan è particolarmente sensibile. L’isola ha 23 milioni di abitanti e si governa autonomamente in maniera democratica, ma il regime cinese la rivendica come propria, e si è detto pronto a conquistarla con la forza. La reazione alle parole di Takaichi è stata, come in altri casi del genere, spropositata.

C’è stata dapprima la reazione ufficiale del ministero degli Esteri: «La Cina sarà infine riunificata», ha detto un portavoce, aggiungendo che il suo governo «schiaccerà con decisione tutti i tentativi di interferire o bloccare gli sforzi di riunificazione della Cina». Poi sono arrivate le reazioni dei media e dei diplomatici. Xue Jian, il console generale della Cina a Osaka, in Giappone, ha scritto un post in giapponese sui social media che diceva: «La testa schifosa che si è esposta di sua iniziativa dovrà essere decapitata senza esitazione» (il governo giapponese ha poi convocato l’ambasciatore cinese, e Xue ha cancellato il post).

Hu Xijin, una nota personalità mediatica in Cina, ha scritto sui social media che la prima ministra Takaichi è una «strega malvagia che ha rinfocolato con successo l’esplosione di odio reciproco tra le opinioni pubbliche cinese e giapponese». La China Central Television, la tv pubblica, ha detto durante un programma che i leader giapponesi che vogliono interferire sulla questione di Taiwan si stanno «scavando la fossa da soli».

Questo genere di dichiarazioni così violente fa parte di un fenomeno chiamato «diplomazia del guerriero lupo» (“wolf warrior diplomacy” in inglese), in cui diplomatici e funzionari cinesi usano i social media per aggredire in maniera volutamente esagerata i propri avversari del momento. Questo stile di comunicazione era diventato molto comune in Cina con l’arrivo del presidente Xi Jinping, ma negli ultimi anni era meno frequente. Il regime cinese l’ha rispolverato per questa nuova crisi con il Giappone.

Oltre alle dichiarazioni sono arrivate anche le conseguenze pratiche. Venerdì il governo cinese ha sconsigliato ai propri cittadini di andare in Giappone, sostenendo che ci siano «rischi significativi per la sicurezza personale e la vita dei cittadini cinesi in Giappone». Non è chiaro quali siano questi rischi, perché in Giappone non ci sono state proteste o minacce di alcun tipo contro le persone cinesi, ma l’intento del provvedimento è di danneggiare l’industria del turismo giapponese.

Domenica, inoltre, la Cina ha inviato in segno di provocazione alcune navi della propria guardia costiera al largo delle coste di alcune isole controllate dal Giappone ma rivendicate dalla Cina, che si chiamano Senkaku in Giappone e Diaoyu in Cina.

Takaichi e Xi Jinping in un incontro in Corea del Sud il 31 ottobre 2025, poco prima che iniziasse la crisi

Takaichi e Xi Jinping in un incontro in Corea del Sud il 31 ottobre 2025, poco prima che iniziasse la crisi (Ministero degli Esteri del Giappone)

La prima ministra Takaichi ha detto che non intende ritirare le proprie dichiarazioni su Taiwan, anche se ha fatto capire che non le ripeterà più in pubblico. Promettere un intervento militare per difendere Taiwan è, in effetti, una dichiarazione molto forte per gli standard dei rapporti tra Giappone e Cina, ed è la prima volta che un leader giapponese fa un’affermazione del genere. Finora il governo del Giappone aveva sempre mantenuto una voluta indeterminatezza su come avrebbe risposto a una crisi su Taiwan. Nemmeno l’ex primo ministro nazionalista Shinzo Abe, di cui Takaichi è una discepola, ne aveva mai parlato apertamente.

Negli ultimi anni però la destra giapponese è diventata sempre più sensibile nei confronti della questione di Taiwan: l’isola si trova a poco più di 100 chilometri dal territorio giapponese, e controlla alcune rotte commerciali fondamentali per la sopravvivenza del Giappone. Per questo molti conservatori in Giappone hanno cominciato a parlare apertamente del fatto che «una crisi di Taiwan è una crisi del Giappone».