Quando raggiungeremo il picco dei combustibili fossili?

L’Agenzia internazionale dell’energia prevedeva di arrivarci intorno al 2030, ora ci ha un po' ripensato

(Matt Cardy/Getty Images)
(Matt Cardy/Getty Images)
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Ogni anno l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), la più importante organizzazione intergovernativa sulle questioni energetiche, pubblica un rapporto per fare il punto sui settori energetici e i loro prossimi sviluppi, con previsioni sull’andamento della domanda dei combustibili fossili. Nel rapporto di due anni fa aveva previsto che intorno al 2030 la domanda avrebbe raggiunto il picco per poi ridursi (o stabilizzarsi), ma in quello del 2025 da poco pubblicato ha introdotto una previsione alternativa più pessimistica, secondo cui il picco potrebbe non esserci e la domanda potrebbe continuare a crescere per decenni.

La previsione è contenuta nel nuovo World Energy Outlook e, secondo varie fonti giornalistiche, sarebbe stata inserita dall’organizzazione in seguito alle forti pressioni ricevute dal governo statunitense di Donald Trump, che sta puntando molto su un rilancio dei combustibili fossili. Gli Stati Uniti sono diventati il principale produttore di petrolio e gas e hanno forti interessi nel settore e nel mantenimento di una domanda sostenuta il più a lungo possibile. I rapporti della IEA sono molto ascoltati e, in certa misura, orientano il mercato stesso dell’energia e gli investimenti nel settore.

Nel 2023 la IEA aveva previsto che la domanda di carbone, gas e petrolio nel mondo avrebbe iniziato a ridursi intorno al 2030, grazie alle politiche energetiche attuate dai governi del mondo impegnati nella transizione verso fonti energetiche più sostenibili, come la luce solare e il vento. La previsione aveva suscitato un grande dibattito e portato a numerose critiche, soprattutto da parte degli ambienti conservatori degli Stati Uniti con grandi interessi nel settore dei combustibili fossili. Le polemiche erano state rinfocolate quest’estate da alcuni rappresentanti del governo di Donald Trump, che avevano chiesto alla IEA di rivedere le proprie posizioni nel rapporto di quest’anno.

La IEA ha reintrodotto uno scenario che aveva abbandonato cinque anni fa, perché riteneva che fosse più utile presentarne uno di previsioni basato sugli impegni assunti dai paesi per la transizione energetica, visto che si parlava di futuro. Lo scenario reinserito è invece basato sulle attuali politiche energetiche e indica, in assenza di cambiamenti, non solo che il picco non sarà raggiunto intorno al 2030, ma che la domanda di combustibili fossili continuerà a crescere per decenni. La IEA aveva anticipato il reinserimento dello scenario già in estate e il New York Times aveva citato sue fonti che riportavano le pressioni ricevute dall’amministrazione Trump.

Nelle proprie attività la IEA mantiene un buon grado di indipendenza, ma l’organizzazione è finanziata dalla trentina di paesi che ne fanno parte e gli Stati Uniti da soli finanziano circa il 14 per cento delle sue attività. L’organizzazione fu fondata dopo la crisi energetica del 1974 con l’obiettivo di coordinare meglio i consumi di petrolio, in un periodo in cui i combustibili fossili erano la principale fonte di energia. Nell’ultima ventina di anni la IEA si è aggiornata e ha preso in considerazione molti altri settori energetici, rendendo necessaria un’estensione delle proprie analisi sull’energia.

I rapporti e le previsioni della IEA sono molto ascoltati, non solo perché sono estremamente approfonditi, ma anche perché forniscono indicazioni utili per orientare il mercato dell’energia. Se viene prevista una riduzione nel ricorso a una fonte energetica, le aziende e i governi possono organizzarsi per tempo per cambiare le proprie politiche energetiche e non farsi trovare impreparati perdendoci soldi.

Visto che i rapporti possono in certa misura condizionare lo sviluppo dei settori energetici, i produttori di combustibili fossili hanno un grande interesse nel fare in modo che siano compresi scenari in cui petrolio, gas e carbone sono ancora rilevanti e determinanti per lo sviluppo economico, e per questo negli ultimi anni hanno spesso criticato la IEA per le sue previsioni ottimistiche sulle fonti rinnovabili.

Secondo diversi analisti, l’aggiunta dello scenario che non prevede un picco nel consumo dei combustibili fossili non dovrebbe comunque avere un impatto particolare sul settore energetico nel suo complesso. Lo stesso rapporto della IEA segnala infatti che fare previsioni in presenza di cambi di politiche è difficile, ma che il successo delle rinnovabili appare ormai inarrestabile.

Il rapporto prevede che nei prossimi cinque anni saranno avviati più progetti legati alle rinnovabili rispetto a quanti ne siano stati realizzati negli ultimi 40 anni. La crescita della richiesta di energia elettrica prevista del 40 per cento nei prossimi dieci anni potrà essere soddisfatta soprattutto grazie all’aggiunta dei nuovi impianti eolici e solari, e alla costruzione di impianti nucleari. La domanda sarà fortemente guidata dalla richiesta di energia per alimentare i centri dati che fanno funzionare i sistemi di intelligenza artificiale, e che consumano moltissima elettricità.

In tutti gli scenari prodotti dalla IEA, anche i più pessimistici sulla domanda di combustibili fossili, le rinnovabili cresceranno più velocemente di qualsiasi altro settore energetico. La forte crescita è resa possibile dai costi sempre più bassi di produzione, installazione e gestione dei pannelli fotovoltaici, la cui efficienza è inoltre migliorata insieme a quella delle batterie elettriche. Altri progressi importanti sono stati raggiunti nell’eolico, con pale eoliche più efficienti e che riescono a sfruttare meglio le correnti d’aria e a prevederne la direzione.

Il governo di Donald Trump ha avviato una revisione dei programmi statunitensi sulle rinnovabili e questo secondo l’IEA si rifletterà sulle possibilità di crescita del settore negli Stati Uniti. Lo scenario principale elaborato nel rapporto dice che gli Stati Uniti arriveranno al 2035 con il 30 per cento in meno di energia elettrica prodotta con l’energia solare rispetto a quanto era stato previsto nel rapporto dello scorso anno. La riduzione non avrà comunque un impatto significativo sul resto del mondo e sulla prevista rapida espansione del settore.

La pubblicazione del rapporto è avvenuta nei giorni in cui si sta tenendo la COP30, la conferenza sul clima organizzata quest’anno a Belém in Brasile. Le delegazioni, al lavoro fino al 21 novembre, stanno discutendo una revisione dei meccanismi con cui i paesi si impegnano ad attuare politiche per ridurre le emissioni di gas serra, in modo da rendere gli sforzi più coordinati e certi. La riduzione passa inevitabilmente da un minore consumo di combustibili fossili e da maggiori investimenti nelle fonti rinnovabili e, almeno per la fase iniziale di transizione, nel nucleare. Parallelamente, si discute anche dell’importanza di adattarsi agli effetti già inevitabili del cambiamento climatico, attraverso piani di gestione sostenibile delle risorse idriche e protezione degli ecosistemi naturali. I prossimi giorni di negoziati saranno cruciali per capire se dalla conferenza emergerà un nuovo consenso globale capace di tradurre gli impegni dichiarati in azioni concrete in linea con le previsioni meno pessimistiche della IEA.