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  • Lunedì 10 novembre 2025

Cani, politica e poesia

Con i suoi interventi pubblici il presidente irlandese Michael D. Higgins ha cambiato la percezione dell’incarico, che lascia oggi dopo 14 anni

di Matteo Castellucci

Higgins con la moglie Sabina Coyne durante una parata di Halloweekn, il 30 ottobre del 2016
Higgins con la moglie Sabina Coyne (a destra) durante una parata di Halloween, il 30 ottobre del 2016 (REUTERS/Clodagh Kilcoyne)
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Lunedì finisce il secondo mandato del presidente irlandese Michael D. Higgins. Lascia l’incarico dopo 14 anni, nei quali ha inevitabilmente attraversato una fase corposa di storia irlandese e per certi versi ne è diventato un pezzo. Higgins ha interrotto una volta per tutte la convenzione nota come «presidenza silente», quella per cui i presidenti irlandesi si tengono fuori dal dibattito pubblico, e ha saputo interpretare in modo molto più interventista e politico un ruolo che sulla carta è perlopiù cerimoniale. La nuova presidente, l’indipendente di sinistra Catherine Connolly che ha vinto le elezioni del 24 ottobre, continuerà in questa direzione.

Higgins fu eletto la prima volta nel 2011 come candidato dei Laburisti, di centrosinistra, e la seconda nel 2018 da indipendente, col loro sostegno e il numero di voti più alto mai registrato per un candidato. Già nel primo mandato i suoi consensi si erano ampliati oltre la sua area politica progressista. In Irlanda non esistono sondaggi sul tasso d’approvazione del presidente ma se ne cita spesso uno di YouGov, secondo cui nel 2019 Higgins era l’uomo più ammirato nel paese dopo il naturalista britannico David Attenborough e Barack Obama. All’estero si è parlato di lui anche per l’aspetto molto riconoscibile e per i cani che lo circondano spesso nelle foto e nelle occasioni pubbliche.

Higgins con il presidente francese Emmanuel Macron, e due dei suoi cani, a Dublino il 26 agosto del 2021

Higgins con il presidente francese Emmanuel Macron, e due dei suoi cani, a Dublino il 26 agosto del 2021 (Clodagh Kilcoyne/Pool Photo via AP)

Il giornalista Riccardo Michelucci, che in passato ha intervistato Higgins ed è esperto d’Irlanda, dice che «ha dato alla carica una dimensione più politica, ma non nel senso partitico del termine», esercitando «una forma di moral leadership: intervenendo su temi cruciali, dalla povertà alla migrazione, dal cambiamento climatico alla memoria storica, con una voce sempre autonoma e coerente».

Higgins mostrò un approccio più diretto fin da subito. Nel 2013 per esempio, dopo un discorso al Parlamento Europeo in cui criticò il capitalismo come modello «irrispettoso delle [sue] conseguenze sociali», diede un’intervista al Financial Times in cui chiese alle istituzioni europee di rispondere alla crisi economica emettendo titoli di stato europei, cioè garantiti da tutti i paesi dell’eurozona (uno strumento di cui all’epoca si discuteva moltissimo, senza farne niente, e di cui si è riparlato durante la pandemia). Un intervento così netto, su un tema prerogativa del governo, era inedito per un presidente.

Nel corso degli anni Higgins ha fatto vari commenti controversi o che sono stati motivo di critiche. Per esempio definì «un gigante tra i leader mondiali» il presidente cubano Fidel Castro, che guidò per quasi cinquant’anni un regime comunista; e più di recente ha detto di considerare un genocidio la guerra condotta da Israele nella Striscia di Gaza e ha chiesto l’esclusione di Israele dalle Nazioni Unite (l’Irlanda è uno dei paesi più filopalestinesi d’Europa).

L’ex ministro Frank Cluskey, suo compagno di partito, una volta disse ironicamente che «quando si tratta di guidare il Partito Laburista o salvare il mondo, Michael D. sceglie sempre l’opzione più facile», cioè la seconda, visto che la sinistra irlandese ha fama di riottosità. Più che dedicarsi alla politica di palazzo, infatti, Higgins ha cercato di conservare una dimensione per così dire da attivista.

Higgins, comunque, si è fatto sentire anche su questioni di politica interna. Nel 2012 chiese, contro il parere del governo, un’indagine sulla morte per setticemia di una donna a cui era stata negata l’interruzione di gravidanza. In tempi più recenti ha definito un disastro e un grosso fallimento la crisi abitativa in Irlanda, rimproverando il governo centrista.

Gail McElroy, che insegna scienze politiche al Trinity College di Dublino, spiega che in questo Higgins si è inserito nel solco delle sue due predecessore: Mary Robinson, presidente dal 1990 al 1997, e Mary McAleese, in carica dal 1997 al 2011. Soprattutto Robinson, secondo McElroy, ha segnato un prima e un dopo nel modo di intendere il ruolo. Robinson parlò molto di diritti umani e, contro le indicazioni del governo, incontrò il Dalai Lama e strinse la mano a Gerry Adams, l’allora presidente del partito nazionalista Sinn Féin ritenuto lo stratega politico dell’IRA, il gruppo paramilitare che combatté durante i “Troubles” nella seconda metà del Novecento.

Higgins con la regina Elisabetta II durante la visita di stato nel Regno Unito, nell'aprile del 2014

Higgins con la regina Elisabetta II durante la visita di stato nel Regno Unito, nell’aprile del 2014 (Peter Macdiarmid – WPA Pool/Getty Images)

Higgins è stato il presidente durante molte prime volte storiche, per l’Irlanda, e questo ha contribuito a consolidarne l’eredità politica. Nel 2014 fu il primo presidente ad andare in visita di stato nel Regno Unito, cioè il paese da cui l’Irlanda si staccò nel 1922 dopo secoli di dominio imperialista britannico. Durante il suo mandato ebbero successo referendum di portata storica: quello per legalizzare i matrimoni omosessuali del 2015, che fu il primo al mondo, quello per legalizzare l’aborto nel 2018 e quello per rendere più semplice divorziare nel 2019.

Furono cambiamenti grossi per un paese con una radicata tradizione cattolica. Higgins, pur sostenendo storicamente quelle proposte, mantenne una posizione non ideologica, invitando le elettrici e gli elettori a riflettere sull’inclusione e sul rispetto reciproco. La visibilità dei referendum ha contribuito alla fama all’estero del presidente, che come detto è stata agevolata dalla sua riconoscibilità: eloquente, affabile, «quasi la caricatura di un irlandese» secondo la professoressa McElroy.

Higgins con Marlon Brando, ai tempi in cui era ministro per le Arti, a Cork nel 1995

Higgins con Marlon Brando, ai tempi in cui Higgins era ministro per le Arti, a Cork nel 1995 (Independent News and Media/Getty Images)

Per Michelucci fuori dall’Irlanda questa immagine «ha forse prevalso sull’intensità del suo pensiero politico, ma chi lo ha ascoltato davvero sa che dietro quella dolcezza c’è un rigore intellettuale fortissimo». In l’Irlanda l’ha reso popolare la predilezione per le arti, verso cui c’è un diffuso attaccamento. Prima della politica Higgins è stato un accademico ed è anche un poeta: nel corso degli anni ha pubblicato varie raccolte dei suoi componimenti e quest’anno ne ha registrati alcuni in un disco. Questo tratto, insieme a una certa inclinazione alla teatralità, è evidente anche in alcuni dei suoi discorsi più celebri, quasi più recitati che letti.

In una decennale carriera nelle istituzioni, oltreché senatore, è stato il primo ministro alle Arti, dal 1993 al 1997, quando contribuì all’apertura del primo canale televisivo in lingua irlandese, tra le altre cose.

Jane Matthews, giornalista politica del quotidiano irlandese Journal, conclude che «molti commentatori in Irlanda sosterrebbero che Higgins abbia espanso il ruolo del presidente, spingendolo al suo limite costituzionale». In 14 anni ha usato il suo potere di veto solo una volta, ma ha fatto spesso sentire la voce della presidenza, conferendole un peso che non aveva, o che non era scontato avesse. «Spesso ha sfidato i limiti dell’incarico, facendosi sentire sui temi che gli stavano fortemente a cuore e criticando il governo quando lo riteneva necessario».

Secondo Matthews è presto per parlare dell’eredità politica di Higgins, ma pensa che verrà ricordato come uno che ha parlato in difesa delle persone marginalizzate e deluse. In una delle ultime interviste il presidente ha scherzato, dicendo che uno dei principali problemi, ora che andrà “in pensione”, sarà convincere uno dei suoi cani bovari bernesi a trasferirsi nella casa di famiglia a Galway dall’Áras an Uachtaráin, il palazzo presidenziale di Dublino che somiglia alla Casa Bianca degli Stati Uniti.

Higgins durante una cerimonia a Dublino, nel gennaio del 2022

Higgins durante una cerimonia a Dublino, nel gennaio del 2022 (REUTERS/Clodagh Kilcoyne)

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