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  • Lunedì 10 novembre 2025

La storia dello chef italiano che rapinava banche a San Francisco

Da settembre si trova in carcere, dopo una serie di disavventure che lo hanno riempito di debiti

San Francisco e parte del Golden Gate Bridge, 19 agosto 2020 (AP Photo/Eric Risberg)
San Francisco e parte del Golden Gate Bridge, 19 agosto 2020 (AP Photo/Eric Risberg)
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Il New York Times ha raccontato in un lungo articolo la storia di Valentino Luchin, chef nato a Este, in provincia di Padova, e residente a San Francisco che dallo scorso settembre si trova in un carcere della California, accusato di aver rapinato tre banche in un giorno solo. E per lui non era nemmeno la prima volta.

Nel maggio del 2018 Luchin era già stato arrestato: aveva rapinato una banca di Orinda, vicino a San Francisco, con una pistola ad aria compressa. Il cassiere gli aveva consegnato circa 18.000 dollari che lui aveva messo in un borsone scappando su una Mercedes nera del 1997. Il giorno stesso era stato rintracciato e fermato. All’epoca aveva 54 anni ed era anche uno chef piuttosto famoso nella zona, perché aveva gestito un rinomato ristorante di cucina italiana, Rose Pistola a North Beach. Alla fine Luchin si era dichiarato colpevole, aveva passato sei mesi in carcere e dopo essere uscito sembrava essersi reinserito nel mondo della ristorazione. Almeno fino allo scorso settembre.

Luchin aveva iniziato a lavorare a 15 anni. Su un sito professionale raccontava di aver «affinato» le sue «abilità culinarie tra i Colli Euganei e la costa veneziana». Dopo un lungo apprendistato, all’inizio degli anni Novanta si era trasferito a New York, aveva imparato l’inglese e lavorato nel famoso ristorante italiano Becco. Dopo diversi altri lavori nella zona di Seattle, era riuscito a diventare responsabile delle cucine di vari hotel di lusso: a Orlando, in Florida, e alle Hawaii, finendo anche su alcune riviste specializzate.

Nel 2007, aveva ottenuto il prestigioso incarico di executive chef da Rose Pistola, ristorante descritto dal New York Times come «una storica istituzione che promuoveva i piatti liguri e a cui era stato attribuito il merito di aver contribuito a cambiare il panorama della cucina italiana in America». Alcune persone che lavoravano con Luchin e che sono state intervistate dal New York Times ricordano il suo talento, ma anche il suo «ego eccessivo», gli scontri con i colleghi e le sue difficoltà a gestire i costi del cibo e del lavoro. Dopo meno di un anno venne licenziato, ma gli si presentò una nuova occasione.

Un conoscente presentò Luchin a Kenneth Maraccini, un uomo d’affari che aveva intenzione di aprire un ristorante. Tra i due nacque una collaborazione: Maraccini anticipò i fondi, Luchin pensò al menù e nella primavera del 2010 venne aperto il ristorante Ottavio, vicino a Oakland. Luchin, nel frattempo, si era sposato e aveva avuto dei figli. La moglie lo aveva sostenuto nel suo nuovo progetto.

Il ristorante in sé era piuttosto modesto e senza pretese, ma divenne famoso in città, elogiato per le sue pappardelle fresche al sugo di cinghiale e la costoletta di maiale con mostarda di fichi e albicocche. La rivista locale Diablo Magazine ne fece una recensione entusiasta: «Piccolo ma imponente, Ottavio stupisce con dettagli che non si vedono spesso fuori dall’Italia. Foglie di salvia fritte croccanti, un formaggio Piave stagionato fino a raggiungere un sapore di nocciola paradisiaco, e quasi tutto – la pasta, i salumi, il pesce affumicato – è fatto in casa: questa è una cucina fatta con amore».

Nel gennaio del 2013 Luchin e la moglie firmarono un accordo per rilevare il ristorante e diventarne i proprietari, accettando di pagare a Maraccini 100mila dollari in cinque anni. Ma i problemi finanziari e legali, al ristorante Ottavio, erano già cominciati. Un fornitore aveva fatto causa a Luchin per il mancato pagamento della merce consegnata e due ex dipendenti avevano presentato dei reclami all’ispettorato del lavoro per salari e mance non pagate. Una delle due segnalazioni si concluse subito con la richiesta di un risarcimento pari a 74mila dollari, e per recuperare parte del debito il curatore fallimentare nominato dal tribunale aveva ordinato a Luchin e alla moglie di consegnare la licenza per la vendita di alcolici del ristorante, che avrebbe potuto essere venduta per un massimo di 17mila dollari. Poco dopo, i Luchin smisero di versare quanto dovuto a Maraccini.

Sempre più in difficoltà, Luchin chiese aiuto anche a due clienti che però rifiutarono di prestargli dei soldi. Nell’autunno del 2015 Luchin fu dunque costretto a dichiarare bancarotta; il suo debito superava i 111mila dollari. Secondo i documenti del tribunale, il ristorante aveva incassato 355mila dollari nei dodici mesi precedenti, ma lo stipendio della coppia era di circa 73mila dollari, considerato comunque un reddito basso per la zona, e quel che restava non era sufficiente a coprire le spese. A volte Luchin, oltre che cucinare, serviva ai tavoli per guadagnare dalle mance. Il caso fu comunque chiuso dopo che i Luchin non furono in grado di pagare i creditori e così chiuse anche il ristorante Ottavio.

All’inizio del 2018, Luchin chiese un lavoro a Jim Telford, proprietario di un locale proprio vicino a Ottavio e che nel frattempo aveva aperto un ristorante (Telford sul New York Times ricorda Luchin come un uomo molto generoso, con il quale condivideva spesso le difficoltà dei margini di guadagno troppo ridotti per le attività come le loro). L’unica posizione disponibile era comunque quella di sous chef, Luchin rifiutò e poco dopo rapinò la sua prima banca.

Dopo il periodo trascorso in prigione, Luchin trovò lavoro a San Francisco al Doppio Zero, un ristorante italiano con diverse sedi: «Abbiamo pensato di dargli una possibilità», ha raccontato Gianni Chiloiro, uno dei proprietari: «Era un tipo tranquillo, non un criminale violento e irascibile. Aveva solo fatto un casino».

Alla fine del 2019, Luchin presentò istanza di fallimento secondo il Capitolo 7, una procedura legale che comporta la liquidazione dei beni non esenti di un individuo o di un’impresa per ripagare i creditori. Secondo i documenti del tribunale, il suo reddito annuo era di 75mila dollari, circa un terzo dei quali destinati a sostenere i suoi figli. Era però in debito di più di 97mila dollari, la maggior parte dei quali sembrava derivare dall’accordo per l’acquisto di Ottavio e dagli interessi maturati. Era anche indebitato con diversi fornitori e un altro ex dipendente di Ottavio aveva ottenuto un risarcimento di oltre 134mila dollari per arretrati salariali. Dopo un paio d’anni, Luchin lasciò Doppio Zero e nel 2022 ricominciò a lavorare all’Old Clam House, un altro locale della zona che aveva da poco cambiato gestione.

Il 10 settembre del 2025, a metà giornata, tre banche a due isolati di distanza l’una dall’altra nel centro di San Francisco denunciarono di aver subito una rapina. Le segnalazioni erano molto simili tra loro. In ciascuna banca, secondo le trascrizioni del tribunale, un uomo aveva consegnato a un dipendente un biglietto con un breve messaggio: «Questa è una rapina». Ma uno dei cassieri riconobbe Luchin come un cliente che aveva tentato invano di incassare un assegno. Luchin venne dunque rintracciato e arrestato il giorno stesso.

Solo pochi mesi prima, Luchin si era messo in contatto con alcuni conoscenti di San Francisco alla ricerca di un’opportunità di lavoro. Tra questi c’era Michelle Salas, direttrice dello Spiazzo, ristorante dove Luchin aveva lavorato per un breve periodo anni prima: «Era al limite», ha ricordato Salas. «Era senza soldi, doveva pagare la stanza, doveva mangiare, doveva solo riuscire a tirare avanti». Gli affari allo Spiazzo non andavano bene e Salas aveva cercato di mettere in contatto Luchin con altri possibili datori di lavoro.

La cauzione per la liberazione di Luchin è stata ora fissata a 200mila dollari. Gli altri detenuti, in prigione, lo chiamano “chef”. Luchin ha raccontato la propria storia al New York Times per telefono: «Sono molto stressato», ha detto. Le rapine in banca sono arrivate dopo una lunga spirale discendente. Ha raccontato che due anni fa si era trasferito sull’isola di Maui, alle Hawaii, per un lavoro promettente che alla fine non era andato bene. Ha detto di aver avuto difficoltà a trovare un impiego stabile sull’isola, di aver avuto due incidenti in moto che gli hanno causato ferite alla schiena, alle spalle e alla testa, e di avere problemi di salute mentale e legati ad abusi di sostanze. Ha anche detto di essersi fatto ricoverare in un centro di riabilitazione, di essere stato accusato di furto di alcolici in un supermercato, e di aver chiesto il divorzio l’anno scorso.

Nei documenti presentati in tribunale ha dichiarato di guadagnare meno di 40mila dollari e di non potersi permettere di pagare gli alimenti. L’ex moglie ha anche richiesto un ordine restrittivo nei suoi confronti, affermando che Luchin poteva essere verbalmente violento e incline alla rabbia. Dopo essere tornato a San Francisco all’inizio di quest’anno, l’ultima iniziativa di Luchin è stata quella di offrire corsi di cucina e servizi a domicilio, ma ha spiegato che qualcuno lo aveva pagato con quello che poi si è rivelato essere un assegno falso. All’inizio di settembre era stato minacciato di sfratto.

Luchin ha detto di essersi sentito, come nel 2018, senza alcuna via d’uscita e senza altre opzioni. Ed è stato in quel momento che ha pianificato le rapine alle tre banche. Ha detto di essere scappato con 3mila dollari e di aver pagato l’affitto settimanale prima che arrivasse la polizia ad arrestarlo. Ha anche dichiarato di essersi pentito delle sue azioni e ha chiesto al New York Times se per questa sua intervista sarebbe stato pagato (no, il New York Times non paga le interviste).