Perché si riparla di una tassa patrimoniale

L’ha proposta di nuovo la CGIL per chiedere più soldi alle persone più ricche e finanziare la spesa pubblica

Il segretario generale della CGIL Maurizio Landini
Il segretario generale della CGIL Maurizio Landini (Simona Granati - Corbis via Getty Images)
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Sabato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scritto su X che con la destra al governo non ci sarà mai una tassa patrimoniale. Meloni è intervenuta per replicare alla proposta del segretario della CGIL Maurizio Landini di introdurre un “contributo di solidarietà” dell’1,3 per cento sui patrimoni netti superiori a 2 milioni di euro, di fatto una tassa patrimoniale. Non è una proposta nuova, anzi negli ultimi decenni la patrimoniale è stata al centro di dibattiti ricorrenti, con buona parte del centrosinistra piuttosto favorevole e tutto il centrodestra molto contrario.

Quando si parla di tasse spesso la prima cosa che viene in mente sono le tasse sul reddito, ovvero la percentuale di soldi prelevata dallo stipendio e che costituisce la differenza tra il lordo e il netto. Innanzitutto non si dovrebbe parlare di tasse, ma di imposte: le tasse infatti si pagano allo Stato o agli enti locali in cambio di servizi puntuali come la raccolta dei rifiuti, mentre le imposte contribuiscono a sostenere più in generale i servizi pubblici (la sanità, le scuole, eccetera). La più conosciuta tra le imposte è l’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Esiste però anche la possibilità di tassare la cosiddetta ricchezza, cioè i beni che ciascuna persona possiede: in questo caso si parla di patrimoniale. La più nota è l’IMU, l’imposta municipale unica pagata sulle seconde case e sulle case di lusso, ma esiste anche l’imposta di bollo dello 0,2 per cento sui conti deposito. A differenza dell’imposta sul reddito pagata sui guadagni, la patrimoniale viene calcolata sul valore dei beni posseduti, cioè sulla ricchezza di una persona a prescindere da quanto abbia guadagnato in un determinato periodo. Nel patrimonio possono essere comprese case, terreni, denaro depositato sui conti correnti, titoli, azioni, obbligazioni, fondi, quote societarie, ma anche beni come auto di lusso o barche.

La patrimoniale può essere imposta dallo Stato in modo ricorrente, per esempio una volta all’anno sul valore del patrimonio, oppure straordinaria per far fronte a situazioni di particolari difficoltà economiche. Nel 1992 il governo di Giuliano Amato per esempio impose un prelievo forzoso del sei per mille su tutti i conti correnti bancari per evitare la bancarotta dello Stato e permettere alla lira di rimanere nel sistema monetario europeo.

Landini ha proposto di tassare dell’1,3% i patrimoni netti superiori a 2 milioni di euro, senza specificare molto altro. La CGIL stima che questa patrimoniale riguarderebbe l’1% degli italiani e che garantirebbe ogni anno allo Stato 26 miliardi di euro «da investire nella sanità, nelle politiche abitative, nella non autosufficienza».

L’economista Carlo Cottarelli ha scritto sul Corriere della Sera che una patrimoniale di questo tipo sarebbe almeno in parte ingiusta perché la ricchezza è spesso frutto di un risparmio, a sua volta frutto di un reddito già tassato. «In situazione di estrema emergenza, nulla può essere escluso, ma l’Italia non è in crisi profonda», ha scritto Cottarelli. «Se proprio si volesse intervenire, allora, avrebbe casomai più senso alzare le aliquote di imposizione sui redditi più alti». Cioè, non tassare i patrimoni, ma i redditi di chi guadagna molto.

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In Europa la Norvegia, la Spagna, la Svizzera e i Paesi Bassi hanno una patrimoniale. In Norvegia il prelievo è dell’1,1% a chi ha beni per oltre 150mila euro, in Spagna invece è un’imposta progressiva che parte dall’1,7% per chi ha patrimoni netti da 3 milioni di euro e arriva fino al 3,5% per chi ha oltre 10 milioni di euro.

Nelle ultime settimane si è discusso di una possibile patrimoniale soprattutto in Francia, alle prese con notevoli tagli alla spesa pubblica per far fronte alla crisi economica. La proposta di introdurre una patrimoniale è stata fatta dall’economista Gabriel Zucman e prevede un’imposta annuale del 2 per cento sui patrimoni netti superiori ai 100 milioni di euro. Nelle ultime settimane la “tassa Zucman” è diventata una specie di simbolo della sinistra francese, e i manifestanti e i partiti di sinistra vorrebbero venisse inserita nella prossima legge di bilancio al posto di eventuali politiche di austerità che indebolirebbero il sistema di welfare francese. A fine ottobre la camera francese ha bocciato una proposta di legge che l’avrebbe introdotta.

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