Gli animali che cambiano misteriosamente colore
Ai casi noti di mimetismo stagionale, per esempio per essere meno vistosi sulla neve, se ne stanno aggiungendo di nuovi e difficili da interpretare

Satureja è una lince pardina, vive tra le montagne dell’Andalusia in Spagna e ha una caratteristica che la distingue dalle sue simili: invece di avere una pelliccia bruno-giallastra, la sua ha cambiato colore e ora è completamente bianca. Le macchie che costellano il suo manto e che aiutano questi felini a riconoscersi sono rimaste, ma il resto del colore sembra essere sparito, come ha mostrato di recente un fotografo che è riuscito per la prima volta a riprenderla.
Perché Satureja abbia cambiato colore resta un mistero, ma alcune ipotesi mostrano come i cambiamenti ambientali, causati dall’inquinamento o dal riscaldamento globale, possano influire in modi talvolta inattesi sull’aspetto di alcune specie e sulla loro capacità di mimetizzarsi, e quindi sopravvivere ai predatori, o di cacciare con più facilità.
I gruppi di ricerca che studiano la lince pardina (Lynx pardinus) in Andalusia, dove è in corso un programma di reintroduzione di questa specie, hanno escluso che il cambiamento di colore di Satureja sia dovuto a fenomeni di albinismo o di leucismo (una forma parziale di albinismo), mentre ipotizzano che sia stato causato da particolari fenomeni ambientali o di forte stress. La variazione potrebbe quindi essere temporanea, come era stato osservato qualche tempo fa in un’altra lince, che dopo un po’ aveva recuperato la sua classica colorazione.
Le linci di questa specie vivono in zone montuose dove riescono a mimetizzarsi facilmente, confondendosi in ambienti rocciosi dove c’è una predominanza di grigio e marrone. Una pelliccia bianca può essere svantaggiosa per nascondersi dalle prede, e per questo chi studia questi animali tende a escludere che il cambiamento sia di tipo adattivo come viene osservato in altre specie: forse è dovuto a fattori ambientali nuovi. Tra i sospettati ci sono le sostanze inquinanti, i pesticidi oppure altri composti che hanno indotto un particolare stress in Satureja.
In alcune circostanze gli organismi possono cambiare il loro aspetto in risposta all’ambiente, senza che ci siano mutazioni o modifiche del loro materiale genetico. Questa plasticità fenotipica è un meccanismo flessibile, che può consentire ai singoli animali di sopravvivere in condizioni particolari e che non sembra portare a nuove condizioni dal punto di vista evolutivo.
Un esempio classico è quello di alcuni piccoli mammiferi come le lepri delle nevi e gli ermellini. Il loro mantello cambia colore in base alla durata della luce del giorno: quando questa inizia a diminuire nella stagione fredda, la loro pelliccia diventa via via più chiara per mimetizzarsi sulla neve. Se però la neve arriva più tardi o si fonde prima, questi animali restano bianchi anche se ormai il terreno è tornato più scuro, diventando più visibili ai predatori. Nel caso degli ermellini, è stato di recente diffuso un appello da un gruppo di ricerca per tutelarli in vista delle Olimpiadi invernali di Milano Cortina, le cui mascotte sono proprio due ermellini.
Per alcuni animali il colore del corpo non serve solo a mimetizzarsi, ma anche alla termoregolazione. Le popolazioni di diverse specie di insetti che vivono in climi freddi tendono a essere più scure, perché in questo modo possono assorbire più calore dal Sole. L’aumento della temperatura media in molte zone del pianeta, dovuto al riscaldamento globale, ha però fatto sì che diverse specie inizino ad avere corpi più chiari, che riducono il rischio di scaldarsi troppo. Il fenomeno è stato osservato in alcune specie di insetti, mentre è più difficile da misurare nei mammiferi e negli uccelli, dove ci sono una quantità molto più alta di variabili e una maggiore complessità della loro fisiologia.
In alcune specie è stato osservato un aumento delle dimensioni delle appendici come le orecchie e i becchi nel caso degli uccelli. La maggiore superficie permette di disperdere meglio il calore e alcuni studi iniziano a mettere in relazione questa tendenza con il cambiamento climatico. La plasticità fenotipica può però arrivare solo fino a un certo punto, oltre il quale la capacità di adattamento di un singolo individuo non è più sufficiente. Su archi temporali più lunghi, che coinvolgono quindi molte generazioni, si può assistere all’affermarsi di alcune mutazioni casuali che si rivelano ideali per rispondere meglio al cambiamento del clima, ma è appunto un processo nel lungo periodo, difficile da osservare e da ricondurre a una singola causa.
Le segnalazioni di insoliti cambiamenti nell’aspetto di alcuni animali sono comunque in aumento, grazie sia a un maggiore interesse da parte della ricerca per questo fenomeno, sia all’attenzione più alta sui mutamenti ambientali dovuti alle attività umane. Nel Costa Rica si è per esempio osservato un insolito cambio di colore della scimmia urlatrice dal mantello (Alouatta palliata). In una decina di anni alcuni individui sono passati dall’avere una pelliccia scura (fatta eccezione per parte del tronco) ad averne una chiara, tra l’arancione e il giallo. Diversi individui mantengono la colorazione classica sul tronco e ne hanno una più chiara sugli arti, mentre altri sono interamente arancioni.

Una scimmia urlatrice dal mantello con la coda più chiara rispetto al resto della pelliccia (Wikimedia)
Come per le linci andaluse, anche nel caso di queste scimmie non è ancora chiaro che cosa abbia determinato il cambiamento, che avviene in seguito a una variazione della quantità e qualità di melanina (la sostanza che colora le cellule). I geni che regolano la sua produzione sono noti, ma si stima che ce ne siano centinaia che interagiscono tra loro e che determinano la colorazione. Un’ipotesi è che ci possa essere un’interazione con alcuni pesticidi utilizzati da decenni nelle grandi piantagioni del Costa Rica, nelle vicinanze delle quali vivono diverse popolazioni di scimmie. Le ricerche sono però ancora all’inizio e per ora non ci sono dati a sufficienza per trarre conclusioni.
Misurare fenomeni di questo tipo non è del resto semplice, come dimostra il caso di Satureja. Un’analisi genetica delle sue feci o di tracce di peli e di saliva potrebbe offrire qualche elemento per capire che cosa le abbia fatto cambiare colore, ma per test più approfonditi sarebbe necessario catturarla e prelevare un campione della sua pelle per analizzarlo in laboratorio. Satureja non ha però un localizzatore satellitare per essere facilmente seguita e farlo potrebbe indurre ulteriore stress, incidendo sulla sua qualità della vita e su quella della sua prole, importante per ripopolare quell’area montuosa dell’Andalusia.



