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  • Mercoledì 15 ottobre 2025

La questione della restituzione a Israele dei corpi degli ostaggi morti

Hamas dice che trovarli è difficile, Israele lo accusa di non fare abbastanza: potrebbero esserci conseguenze sull'accordo di pace

Un veicolo della Croce Rossa impegnato nel recupero e nella consegna dei corpi degli ostaggi morti, il 14 ottobre 2025 (AP Photo/Yousef Al Zanoun)
Un veicolo della Croce Rossa impegnato nel recupero e nella consegna dei corpi degli ostaggi morti, il 14 ottobre 2025 (AP Photo/Yousef Al Zanoun)
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La questione della restituzione dei corpi degli ostaggi israeliani morti nella Striscia di Gaza sta avendo effetti sulla solidità dell’accordo per la fine della guerra fra Israele e Hamas. Hamas si era impegnato a restituire i corpi di ventotto ostaggi, ma fra lunedì e martedì ne ha riconsegnati solo otto a Israele, attraverso la Croce Rossa. Il gruppo militare palestinese ha fatto sapere che localizzare e recuperare i corpi è complesso e che l’operazione potrebbe prendere più tempo rispetto ai tre giorni previsti dall’accordo.

Il governo israeliano e le famiglie degli ostaggi hanno denunciato il ritardo come una violazione dei termini dell’accordo. Secondo funzionari israeliani citati da vari media internazionali, il governo israeliano avrebbe deciso di limitare l’ingresso di camion che trasportano cibo e beni di prima necessità nella Striscia e di non aprire il varco di Rafah, al confine fra l’Egitto e la Striscia. Secondo gli accordi, il varco sarebbe dovuto tornare in funzione mercoledì e i camion autorizzati a entrare giornalmente avrebbero dovuto essere 600: verrà permesso l’ingresso solo di 300.

Israele accusa Hamas di non fare tutto il necessario per trovare i corpi degli ostaggi e restituirli alle famiglie, che attraverso il gruppo di sostegno “Forum delle famiglie degli ostaggi” hanno chiesto la sospensione immediata dell’attuazione dell’accordo.

Una protesta dei familiari degli ostaggi, martedì sera a Tel Aviv (AP Photo/Francisco Seco)

Hamas però ha detto che trovare i corpi è un’operazione complessa in un contesto urbano completamente cambiato da due anni di bombardamenti, con interi quartieri rasi al suolo e ridotti a cumuli di macerie. Alcuni ostaggi erano inoltre tenuti prigionieri da altre fazioni militari che operano nella Striscia, con le quali ora Hamas sta parlando.

L’accordo per il cessate il fuoco prevedeva procedure speciali nel caso Hamas non fosse stata in grado di recuperare tutti i corpi: era prevista la formazione di una “task force” internazionale, con la presenza di rappresentanti degli Stati Uniti e di altri mediatori, per coordinare le ricerche e condividere informazioni. Era una procedura ipotizzata per un numero limitato di casi, mentre al momento Hamas deve ancora recuperare la maggior parte dei corpi.

Nei giorni scorsi il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha minacciato ripercussioni in caso di «violazioni dell’accordo». Martedì il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto di aspettarsi la restituzione di altri corpi «nelle prossime ore». Anche Donald Trump è intervenuto sulla questione con un post sul suo social Truth, criticando Hamas per non aver restituito i corpi «come promesso».

Da quando venerdì è entrato in vigore il cessate il fuoco, in almeno due occasioni l’esercito israeliano ha sparato su civili palestinesi che si erano avvicinati alle loro postazioni, uccidendo sette persone. Martedì un drone ha ucciso cinque persone a Shejaiya, vicino al confine est, mentre altre due persone sono state uccise vicino a Khan Yunis, nel sud.