I comuni che stanno annullando le celebrazioni per il 25 aprile
E le prevedibili polemiche, dopo che il governo ha chiesto di celebrare la festa della Liberazione «con sobrietà» per la morte del papa

Dopo che il governo ha disposto cinque giorni di lutto nazionale per la morte di papa Francesco e ha chiesto di evitare «balli e canti scatenati» per il 25 aprile, molti comuni, piccoli o medi, hanno annunciato l’annullamento o il rinvio di una parte o tutte le iniziative organizzate per la festa della Liberazione dai nazisti e dai fascisti, di cui quest’anno ricorre l’80esimo anniversario. Alcuni sindaci hanno ricevuto molte critiche per questa scelta.
Uno dei casi più discussi online e sui giornali è quello di Ponte San Nicolò, un comune di 13mila abitanti in provincia di Padova, guidato da una giunta di centrosinistra, che ha annullato un concerto programmato nel cortile del municipio e ha posticipato al 2 giugno (festa della Repubblica) una cerimonia di consegna delle tessere elettorali ai diciottenni. Il sindaco Gabriele De Boni è stato contestato e insultato sui social network: si è difeso dicendo che le critiche arrivano da persone che non hanno capito bene cosa è stato rinviato, e accusando il governo di non aver dato disposizioni chiare e inequivocabili ai sindaci.
Anche comuni più grandi hanno fatto scelte simili a quelle di De Boni. Ad Ancona, che ha 99mila abitanti ed è il capoluogo di regione delle Marche, sono stati annullati l’accompagnamento bandistico del corteo celebrativo e un concerto. «Abbiamo semplicemente rinviato la parte musicale per rispetto delle disposizioni pervenute dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dalla prefettura», ha detto il sindaco Daniele Silvetti (Forza Italia), criticato per la scelta come altri primi cittadini. «Chi vuole vedere la volontà di vietare un evento nel rispetto di un protocollo istituzionale in un momento così delicato è assolutamente fuori strada», ha aggiunto.
A Cesena, che è uno dei due capoluoghi della provincia di Forlì-Cesena e ha quasi 96mila abitanti, è stato annullato un concerto in teatro. A Pesaro, uno dei due capoluoghi della provincia di Pesaro e Urbino, 95mila abitanti, è stato annullato un pranzo “al sacco” con accompagnamento musicale nel piazzale di fronte al Monumento alla Resistenza. A Piacenza, un altro capoluogo di provincia, 105mila abitanti, è stato rinviato un concerto di liscio in piazza Cavalli, per cui erano previsti anche balli.
In altri comuni sono state vietate esibizioni di simboli: è successo in 19 comuni della Brianza, controllati prevalentemente da giunte di centrodestra, dove all’Associazione nazionale partigiani italiani (ANPI) è stata vietata l’esposizione di uno striscione commemorativo dell’ottantesimo anniversario della Liberazione.
In queste ore viene raccontato anche il caso di una panetteria di Ascoli Piceno, nelle Marche, in cui le forze dell’ordine sono andate a identificare e chiedere i documenti alla titolare, che per il 25 aprile aveva esposto fuori dal negozio uno striscione con scritto “25 aprile buono come il pane bello come l’antifascismo”: i poliziotti poi sono andati via senza ordinarle di rimuoverlo, ma il fatto che le abbiano chiesto i documenti solo per via dello striscione, che non conteneva nessun incitamento alla violenza, è stato interpretato come un atteggiamento intimidatorio e contrario alla libertà d’espressione.
Poco dopo davanti allo stesso panificio, e per via dello stesso striscione, è passata anche un’automobile della polizia locale, che ha sostenuto di essere stata incaricata di fare quelli che ha definito «accertamenti» sul contenuto dello striscione. Anche in questo caso non è stata ordinata la rimozione dello striscione, ma il gesto è stato interpretato come intimidatorio. A differenza della polizia di Stato, la polizia locale risponde al sindaco, che nel caso di Ascoli Piceno è Marco Fioravanti, di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. A Torino e Trieste, invece, tra giovedì sera e venerdì ci sono stati scontri tra le forze dell’ordine e due cortei di manifestanti.
Nessuno dei comuni che ha annullato gli eventi in programma, tuttavia, ha vietato il corteo del 25 aprile come ha fatto il comune di Domodossola (provincia del Verbano-Cusio-Ossola, 17mila abitanti): l’amministrazione del sindaco Fortunato Lucio Pizzi, eletto con una lista civica, non ha annullato la cerimonia commemorativa in piazza Matteotti, ma ha eliminato dal programma la sfilata che avrebbe dovuto precederla e l’accompagnamento musicale.
L’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha criticato questa scelta, che ha fatto discutere anche perché Domodossola fu il centro della Repubblica dell’Ossola, una delle piccole repubbliche partigiane che durante l’occupazione nazista riuscirono a essere autonome per un periodo di tempo (in questo caso dal 10 settembre al 23 ottobre del 1944). L’ANPI di Domodossola, alla fine, ha comunque organizzato un suo corteo nel centro della città, nonostante la decisione del sindaco.
Tra gli altri comuni che hanno annullato o rinviato una parte delle celebrazioni per il 25 aprile ci sono Foligno, in provincia di Perugia, Legnano e Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, e Mirano, in provincia di Venezia.