Ci ha chiamato l’inviato speciale di Trump in Italia

In una bizzarra telefonata Paolo Zampolli ha detto che Salvini è uno «smart guy», ha chiamato Tajani «Tagliatella» e ha detto che è ora che Meloni molli Zelensky

Paolo Zampolli nella sua casa di New York, nel 2016 (HILARY SWIFT/The New York Times/Contrasto)
Paolo Zampolli nella sua casa di New York, nel 2016 (HILARY SWIFT/The New York Times/Contrasto)
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Paolo Zampolli, l’imprenditore italoamericano che si presenta come “inviato speciale” di Donald Trump in Italia e sulla cui nomina circolano molti dubbi, ha trascorso qualche giorno in Italia e mercoledì mattina ha preso un aereo per tornare a Washington. Poco prima di partire dall’aeroporto di Malpensa ha telefonato a Valerio Valentini, il giornalista del Post che aveva raccontato la sua storia, e dicendo di annoiarsi ha espresso giudizi molto netti su alcuni esponenti del governo di Giorgia Meloni. «Lei è un genio totale, una politica furbissima. Ma anche Matteo Salvini, uno smart guy, un tipo in gamba. Antonio Tajani, invece, è Tagliatella! Ahahah. Ma alla fine è una brava persona, dai. Mi sta pure simpatico, ahahaha. Non scriverla questa cosa di Tagliatella, dai. Scrivi magari che così lo si chiama nei corridoi di Washington».

Il risentimento di Zampolli nei confronti di Tajani non è sorprendente. Secondo Zampolli – che parla mischiando italiano e americano – è stato proprio il capo di Forza Italia e ministro degli Esteri ad alimentare voci malevole nei suoi riguardi e mettere in dubbio la validità della sua nomina come inviato speciale. La nomina è effettivamente piuttosto inconsueta per diverse ragioni. Zampolli contesta questa tesi: «Non è vero, questo è quello che dice Tajani». Di certo c’è che per la prima volta da decenni l’Italia ha un inviato speciale dagli Stati Uniti. E che questa nomina non è stata in alcun modo comunicata alle istituzioni italiane, come vorrebbero le consuetudini diplomatiche: non alla presidenza del Consiglio, non alla presidenza della Repubblica, e nemmeno al ministero degli Esteri, a cui compete di riconoscere formalmente gli inviati speciali di governi stranieri con una sorta di accredito.

«Ponete dubbi sulla mia nomina», dice Zampolli, «voi che Trump non lo avete mai visto neppure in cartolina. Lo conoscete? Lo avete mai toccato?». Zampolli è un amico di lunga data dei Trump, è stato lui a far conoscere al presidente l’attuale moglie Melania quando lei era una modella che lavorava proprio per un’agenzia di Zampolli, nel 1998.

«Tajani è uno poco informato», ha detto ancora Zampolli durante la telefonata. «La Casa Bianca doveva trovare del tempo per lui?». Parlando del rapporto tra Tajani e Meloni: «Diciamo così. Io col mio capo ho un ottimo rapporto: lui invece col suo capo che rapporto ha?». «Mi pare che anche Meloni lo informa poco, quando viaggia», ha aggiunto, alludendo alla visita di Meloni a Mar-a-Lago lo scorso 4 gennaio, per parlare con Trump mentre la giornalista Cecilia Sala era imprigionata in Iran. «Marco Rubio, segretario di Stato, numero uno, neppure lui mi pare abbia ritenuto di dover informare Tajani, il suo omologo, che Meloni stava andando da Trump», dice ancora Zampolli. «Tajani è così, nessuno lo informa evidentemente».

– Leggi anche: Questo “inviato speciale” degli Stati Uniti in Italia è un caso strano

Tornato a Washington, Zampolli dovrà riferire a Trump su cosa ha visto in Italia, che descrive come «un paese guidato da una grandissima leader, she’s amazing, e col quale le relazioni sono ottime, anche se possono migliorare». Dice che le relazioni tra Meloni e Trump possono migliorare «sulla questione ucraina, sicuramente. Meloni deve capire che è cruciale distinguere il futuro dell’Ucraina dal futuro personale di Volodymyr Zelensky», il presidente ucraino.

Tra i leader europei più importanti, Meloni è quella che negli ultimi giorni è stata più ambigua sul sostegno all’Ucraina e che ha cercato più di tutti di non inimicarsi Trump. Fino a qualche mese fa era più risoluta nel sostenere Zelensky, e questo Zampolli lo interpreta in modo un po’ netto: «Era anche ora che mollasse Zelensky, no? Il Lassie». Zampolli lo chiama così: «Lassie, il cane Lassie. Torna a casa Lassie, ahahah». Non spiega il motivo del riferimento al cane, il collie del romanzo Torna a casa Lassie! e poi di diversi film e serie tv. Sui social network girano video di propaganda putiniana che si riferiscono a Zelensky col nome di Lassie.

Zampolli apprezza che – dopo la lite tra Trump e Zelensky nello Studio ovale – Giorgia Meloni non abbia espresso solidarietà al presidente ucraino, a differenza di altri leader europei. «Un behaviour veramente unacceptable, inaccettabile, quello di Zelensky, nell’ufficio più prestigioso del mondo», secondo Zampolli, per il quale invece «Trump ha sempre ragione. È una benedizione del mondo». Per Meloni non è facilissimo riposizionarsi: fino a qualche mese fa era una delle più risolute sostenitrici di Zelensky ed era piuttosto allineata con l’ex presidente statunitense Joe Biden.

Per Zampolli comunque questi rapporti pregressi non sono un grosso problema: «Diciamo che Matteo Salvini è quello col sangue 100 per cento trumpiano, questo glielo riconosco, sono franco. Ma le relazioni tra Trump e Meloni sono ottime, lei per me è una politica furbissima, un genio totale, e c’è grande stima per lei a Washington. Ma anche Salvini, nice guy».

Questa prima settimana italiana da inviato speciale, per Zampolli, è stata comunque intensa. Prima è saltato un incontro a Milano col console generale degli Stati Uniti; poi è andato a vedere la partita di Coppa Italia a San Siro tra Inter e Lazio insieme al senatore di Forza Italia Claudio Lotito (presidente della Lazio); poi è andato a Roma, dove ha incontrato Salvini. Zampolli dice anche di aver visto il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il cui staff però nega, e il presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha evitato di dare visibilità al colloquio. Altri incontri sono stati solo tentati. Alla presidenza della Repubblica potrebbe aver telefonato troppo tardi: il presidente Sergio Mattarella stava preparando la sua missione in Giappone e non lo ha ricevuto.

«Ma Mattarella ho avuto modo di conoscerlo già nel 2019, quando venne alla Casa Bianca, e poi, più di recente, nel 2024, quando è venuto alle Nazioni Unite», dice Zampolli. Zampolli è anche ambasciatore all’ONU per la Dominica, un minuscolo stato caraibico: questa finora è la sua sola carica diplomatica ufficiale. Dice di aver provato anche a incontrare Meloni e di aver «parlato al telefono con la sua segretaria, la dottoressa Patrizia Scurti», ma alla fine non se ne è fatto nulla. Dopo i giorni a Roma Zampolli è tornato a Milano, dove ha tra l’altro festeggiato il suo 55esimo compleanno al ristorante di lusso Casa Cipriani insieme a vecchi amici milanesi, alcune modelle, e tra gli altri la deputata leghista Laura Ravetto.

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