Allo Sperone è rimasta solo la scuola
In uno dei quartieri più complicati di Palermo l’istruzione è il modo più efficace per contrastare spaccio e criminalità, ormai radicati
di Isaia Invernizzi

I calendari dei carabinieri in bella mostra dietro alla scrivania della preside Antonella Di Bartolo non sono lì per caso, come invece accade in molti uffici pubblici. Ogni anno Di Bartolo ne appende uno nuovo, con cura, in modo che si veda bene alle sue spalle mentre parla con i genitori degli alunni. È un messaggio per far capire fin da subito da che parte sta.

La scrivania della preside Antonella Di Bartolo (Isaia Invernizzi/il Post)
L’attenzione a questi dettagli, qui allo Sperone, uno dei quartieri della complicata periferia di Palermo, l’ha imparata col tempo. Tredici anni fa, quando scelse di diventare preside dell’istituto comprensivo Sperone-Pertini, in quasi tutti i sette plessi non c’erano le lavagne, i bagni erano rotti, mancavano i registri di classe, la maggior parte degli insegnanti chiedeva di trasferirsi dopo pochi mesi, un terzo dei bambini non frequentava le lezioni. In un certo senso la scuola era coerente con quello che succedeva fuori, in strada e nelle case, dove la criminalità organizzata ha approfittato dell’abbandono e dove molte famiglie vivono di spaccio. «Condoglianze», disse un funzionario dell’ufficio scolastico provinciale a Di Bartolo il giorno in cui firmò i documenti per la nomina.
Tredici anni dopo allo Sperone le cose sono cambiate: nelle scuole in meglio, in strada in peggio. Quasi tutti i bambini del quartiere frequentano le lezioni e la scuola è ormai riconosciuta come un’opportunità, un modo per costruirsi un futuro. Fuori, invece, dopo gli anni dell’eroina si è diffuso il crack, una sostanza derivata dalla cocaina che costa poco e dà molta dipendenza. La criminalità organizzata ha preso possesso di interi palazzi, ora inaccessibili, chiusi con cancellate, e si continua a spacciare a qualsiasi ora, liberamente. «Noi insegnanti cerchiamo di trasmettere educazione e valori: come possiamo essere credibili se fuori succede tutto questo?», riflette la preside. «I nostri alunni devono credere a quello che racconta la strada o a quello che racconta la scuola?»

L’ingresso di uno dei plessi dell’istituto comprensivo Sperone-Pertini (Isaia Invernizzi/il Post)

Una delle strade principali del quartiere Sperone, a Palermo (Isaia Invernizzi/il Post)
Lo Sperone si trova nella zona sud orientale di Palermo, affacciato sulla cosiddetta costa sud, vicino a spiagge che fino agli anni Sessanta erano colme di ombrelloni e ora sono abbandonate, piene di rifiuti. Il mare è di un blu intenso eppure non è balneabile, inquinato dagli scarichi delle fogne.

Rifiuti abbandonati sulla spiaggia del quartiere Sperone (Isaia Invernizzi/il Post)
Il quartiere prende il nome da una sorta di piramide di pietra utilizzata come forca dove venivano impiccate le persone condannate per reati gravi. Dopo la morte i corpi venivano fatti a pezzi e appesi con degli uncini chiamati appunto speroni. Arrivando in auto dal centro di Palermo non si distingue il confine con Brancaccio, il quartiere dove don Pino Puglisi iniziò a opporsi alla mafia e dove fu ucciso il 15 settembre del 1993, nel giorno del suo 56esimo compleanno.

Piazzetta Beato Giuseppe Puglisi, a Brancaccio, vicino al luogo dove due sicari uccisero il prete antimafia (Isaia Invernizzi/il Post)
Tra gli anni Sessanta e Settanta lo Sperone fu riempito di palazzoni tutti uguali realizzati dall’istituto autonomo case popolari (IACP). In ognuno ci sono centinaia di appartamenti, migliaia di persone. Le strade sono larghe, poco illuminate, piene di buche. Negli spazi tra i palazzi ci sono solo sterpaglie o ruderi. Quasi tutti i negozi hanno chiuso, e una delle poche piazze del quartiere è occupata da un distributore di benzina. I gruppi criminali controllano le strade con vedette posizionate ai piani alti e ronde di giovani in scooter. Le strade di accesso ai palazzi sono state bloccate con cancelli e grate di ferro, al punto che un’area dello Sperone è ormai nota come “i cancelli”. Il crack si vende ovunque, dentro i cancelli e fuori.

Alcuni palazzi del quartiere Sperone (Isaia Invernizzi/il Post)
Negli ultimi anni sono state arrestate centinaia di persone tra semplici spacciatori e trafficanti di droghe illegali, molti dei quali affiliati alla mafia. Per qualche giorno le operazioni di polizia danno l’illusione di aver smantellato un’organizzazione che in realtà è capace di rigenerarsi in poco tempo e sopravvivere. Si sa già chi prenderà il posto di una persona che potrebbe finire in carcere e in molti casi sono le mogli degli uomini arrestati a portare avanti lo spaccio in casa, mentre badano ai figli.
Come è accaduto in altre periferie di città italiane, anche allo Sperone è stata finanziata la realizzazione di alcuni enormi murales per dare nuova identità visiva al quartiere. Dal 2019 ne sono stati dipinti 14 sulle facciate laterali di altrettanti palazzi. Sono un messaggio di speranza e riscatto, princìpi finora rimasti solo sui muri.
Molti abitanti stanchi della criminalità e dei rischi affrontati ogni giorno da ragazzi e ragazze hanno chiesto spazi per costruire una nuova socialità. C’è la parrocchia e poco altro. Un centro sociale chiuso nel 2004, occupato dagli spacciatori, è stato riqualificato e riaperto a gennaio, ma servono persone e attività per avviarlo. I progetti per rendere balneabile la costa sud continuano a stentare. Nell’area centrale del quartiere il cantiere di un nuovo asilo nido è fermo da quasi un mese: i lavori erano iniziati lo scorso giugno, in ritardo di cinque anni rispetto agli annunci.

Il cantiere di un nuovo asilo nido atteso da anni, fermo dall’inizio di gennaio (Isaia Invernizzi/il Post)
Oltre ai frequenti blitz delle forze dell’ordine, la scuola è l’unico segnale della presenza stabile dello Stato. Non è sempre stato così. Prima dell’arrivo di Antonella Di Bartolo l’istituto comprensivo intitolato al presidente della Repubblica Sandro Pertini aveva cambiato dieci presidi in dieci anni. Le scuole cadevano a pezzi. «Quando mi dissero che il tasso di dispersione scolastica era al 27,3 per cento pensai a un errore di calcolo, a qualche documento mancante», dice la preside. «Invece era vero: quasi un bambino su tre non veniva a scuola». Molti genitori che non avevano studiato non si preoccupavano di dover mandare i figli alle elementari perché nemmeno loro le avevano fatte.
Il lavoro per portare a scuola i bambini costretti a casa continua ancora oggi. È molto lungo. Si inizia con una telefonata, poi se necessario si convocano le famiglie e nei casi più estremi sono le stesse insegnanti ad andare nelle case insieme alla preside. L’obiettivo è avviare un confronto per sensibilizzare i genitori sull’importanza dell’istruzione per il futuro dei loro figli. «Dopodiché se dopo tutto questo si continua a non farli venire a scuola, noi denunciamo. Non possiamo fare altrimenti», continua Di Bartolo.
Ora gli alunni delle scuole sono 1.209 e il tasso di dispersione scolastica è sceso all’1 per cento, un risultato confortante anche se mancano all’appello gli ultimi 12 bambini. Quest’anno per la prima volta una famiglia che non abita allo Sperone ha chiesto di iscrivere un ragazzo alle scuole medie della Pertini, un fatto impensabile fino a pochi anni fa.

Il corridoio della scuola Sperone-Pertini (Isaia Invernizzi/il Post)
Negli anni la scuola ha intercettato tutti i possibili fondi per ristrutturare e migliorare gli edifici. Prima le pareti erano tutte grigie, ora sono colorate e addobbate con i lavori degli alunni. Ogni aula ha una lavagna multimediale oltre a quella classica. Sono stati finanziati corsi di programmazione e laboratori teatrali. Dal 2023 è stato attivato il tempo pieno per alcune classi, e aperto un refettorio. I giardini sono curati e puliti. È stato avviato un percorso di sostegno psicologico per alunni, genitori, insegnanti. L’idea è che scuole più belle possano aiutare i bambini e le famiglie a rendersi conto che c’è un’alternativa al degrado e all’illegalità.

Uno dei murales realizzati dagli alunni della scuola Sperone-Pertini (Isaia Invernizzi/il Post)

La stanza dedicata al sostegno psicologico per alunni e insegnanti (Isaia Invernizzi/il Post)
Lo stesso piano è stato portato avanti fuori dalla scuola. Sono state organizzate alcune iniziative nel quartiere come il recupero di un carro del festino di Santa Rosalia realizzato nel 2007 dall’artista greco Jannis Kounellis. Era abbandonato nel parco di villa Giulia, vicino al centro. Ora si trova ai piedi di un murale dipinto dallo street artist siciliano Giulio Rosk, intitolato “Rosalie Ribelli”.
Il murale non mostra una donna in estasi, come nella tradizionale iconografia della santa protettrice della città. Rosk si è ispirato alla Madonna del Rosario dipinta da Antoon van Dyck nel Seicento, custodita all’oratorio del Rosario di San Domenico, a Palermo. Nel dipinto originale un angelo si tappa il naso nauseato dal fetore della peste, allo stesso modo una delle due bambine ritratte è schifata dalla droga.

Il murale intitolato Rosalie Ribelli (Isaia Invernizzi/il Post)
Il murale è stato inaugurato lo scorso ottobre al termine di un corteo a cui hanno partecipato 400 alunni delle scuole e oltre duemila abitanti dello Sperone. I bambini hanno coinvolto i genitori nella preparazione delle coroncine simbolo di Santa Rosalia e hanno aperto il corteo con uno striscione: «Io sono Rosalia. Libera di essere. Libera di scegliere». Anche manifestazioni all’apparenza semplici sono una conquista per lo Sperone e un modo per far conoscere il quartiere, avvicinarlo in qualche misura ai palermitani e alle istituzioni, che ancora oggi cercano di evitarlo il più possibile.