Gli interrogatori a cui è stata sottoposta Cecilia Sala durante la sua prigionia
La giornalista ha raccontato a Che Tempo Che Fa che sono stati molto duri, e che è stata interrogata da incappucciata anche per dieci ore di fila

Durante un’intervista al programma Che Tempo Che Fa, condotto da Fabio Fazio sul canale NOVE, la giornalista Cecilia Sala ha raccontato alcuni dettagli sul suo periodo in isolamento nella prigione di Evin, in Iran, dove è stata incarcerata per 21 giorni. Sala ha raccontato in particolare degli interrogatori a cui è stata sottoposta, che sono avvenuti quotidianamente nei primi quindici giorni. Il giorno prima della sua liberazione, avvenuta l’8 gennaio, ha detto di essere stata interrogata per dieci ore di fila.
«Sei sempre solo anche quando non sei solo: anche quando qualcuno ti interroga sei incappucciato faccia al muro, e la persona ti fa le domande da dietro», ha detto Sala, che ha parlato dell’isolamento come di una condizione in cui non viene concessa nessuna distrazione, neanche quando durante gli interrogatori aveva a che fare con qualcuno.
In quelle occasioni veniva incappucciata e interrogata sempre dalla stessa persona, che a detta di Sala si capiva conoscesse bene l’Italia: una volta, per cercare di metterla a suo agio, le ha chiesto come le piace l’impasto della pizza, se con l’impasto alla romana o alla napoletana. Sala ha raccontato che nei suoi interrogatori c’erano momenti di maggiore rilassatezza, in cui c’erano delle conversazioni di circostanza o in cui le veniva dato una sorta di «premio», come «un dattero o una sigaretta», e altri in cui invece «cercavano di spezzarti». «C’è stato un interrogatorio in cui io sono crollata, mi hanno dato una pasticca per calmarmi, e a quel punto si è interrotto», ha raccontato Sala.
Sala ha 29 anni e lavora per Chora Media e per il Foglio. Era stata arrestata il 19 dicembre nell’albergo in cui alloggiava a Teheran, dove era andata per lavorare con un regolare visto giornalistico. Ufficialmente le autorità iraniane non l’hanno accusata di nessun reato, hanno solo detto che era stata arrestata per «aver violato le leggi della Repubblica islamica».
La vera ragione del fermo di Sala era però un’altra, e legata alla pratica iraniana della «diplomazia degli ostaggi»: l’Iran arresta e tiene in prigione cittadini stranieri anche per molto tempo per ottenere concessioni dai loro governi, come ha già fatto con cittadini svedesi, tedeschi, statunitensi, australiani e di altre nazionalità. Cecilia Sala è finita in questo meccanismo: l’Iran l’ha arrestata per scambiarla con Mohammed Abedini Najafabadi, un ingegnere iraniano che si occupa di tecnologia militare fermato a Malpensa il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti e infine rilasciato domenica 12 gennaio, pochi giorni dopo la liberazione di Sala.
«La mia impressione è che loro volessero cercare di tirare fuori qualcosa da me che servisse a dimostrare che non fossi una giornalista, ma che potevo essere scambiata in un caso per cui per la controparte fosse un caso di sicurezza nazionale», ha detto Sala.
Nella prigione di Evin, dove vengono detenuti oppositori politici e cittadini stranieri, Sala ha dormito per molti giorni per terra, in isolamento in una cella con la luce sempre accesa e con pochissime possibilità di comunicare con l’esterno.
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