Il presidente della comunità ebraica di Bologna dice che non ci sono stati danni alle sinagoghe
Negli scontri di sabato però sono stati imbrattati uffici e residenze della comunità ebraica, e non esclude quindi che si possa parlare di attacchi antisemiti

Sabato sera a Bologna alcuni manifestanti che partecipavano a un presidio per ricordare Ramy Elgaml, il 19enne di origine egiziana morto a Milano lo scorso 24 novembre durante un inseguimento dei carabinieri, si sono scontrati con la polizia in via de’ Gombruti: hanno lanciato sassi e bombe carta oltre a ricoprire di scritte molti muri dei palazzi. In quella strada ci sono alcuni uffici e residenze della comunità ebraica di Bologna, su cui sono trovate scritte come “Ramy Justice” e “Gaza free”.
Gli scontri e i danni sono stati descritti da molti politici e da alcuni giornali come un attacco deliberato alla sinagoga della città: «Assedio alla sinagoga» è uno dei titoli pubblicati domenica.
Il presidente della comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz, ha detto che i manifestanti hanno scelto di passare da via de’ Gombruti perché lì ci sono gli uffici della comunità ebraica e non ha escluso di poter definire i danni come un attacco antisemita, tuttavia ha chiarito che le sinagoghe si trovano in una strada parallela e che soprattutto non hanno subito danni. «Le sinagoghe di via Finzi non sono state toccate, non c’è stato nessun danno. Su questo voglio essere chiaro. La sinagoga non c’entra, l’ha innescata il sindaco questa cosa, e io mi sono impegnato tutta la mattina a cercare di chiarirla», ha detto De Paz a Repubblica.
Sabato sera intorno alle 20 centinaia di persone si sono trovate in piazza San Francesco per partecipare al presidio organizzato per ricordare Elgaml. La manifestazione si è poi trasformata in un corteo durante il quale ci sono stati scontri tra manifestanti e polizia. Due persone, un 24enne e un 30enne già identificati durante altre manifestazioni, sono state fermate e portate in questura. Una parte del corteo ha quindi cercato di raggiungere la questura e per farlo ha scelto di passare in via de’ Gombruti, dove ci sono stati ulteriori scontri.
Secondo De Paz la scelta di passare da via de’ Gombruti non è stata casuale: «Hanno anche lasciato la loro firma sui muri. Oltre a citare Ramy citano anche Gaza, c’è la scritta Palestina libera. È chiaro che volevano lanciare anche quel segnale. Questa è l’unica città in Italia nella quale le proteste per Ramy hanno toccato anche la comunità ebraica e penso che questo debba fare riflettere, a partire da un clima che ormai dura da mesi», ha detto.
Intervistato da Repubblica, il questore Antonio Sbordone ha detto che «il passaggio dalla sinagoga era finalizzato ad arrivare in questura, in quanto c’erano due fermati» e che «la manifestazione non era nata come anti-sionista o anti-ebraica, ma come anti-polizia».
De Paz ha detto che l’incomprensione sul presunto attacco alla sinagoga è dovuta a una dichiarazione del sindaco Matteo Lepore, ma in realtà molti giornali e politici avevano fatto riferimento alla sinagoga prima del sindaco. Da tempo tra la comunità ebraica e l’amministrazione comunale i rapporti sono tesi dopo la decisione della maggioranza di appendere la bandiera della Palestina fuori dal municipio. De Paz ha chiesto più volte al sindaco di toglierla «perché è un eccesso di comunicazione pesante, che non va in direzione della pace: e il conflitto in corso ha scatenato nuove forme di antisemitismo».
Domenica l’ambasciatore d’Israele in Italia, Jonathan Peled, ha espresso solidarietà alla comunità ebraica di Bologna definendo gli scontri «un grave attacco antisemita che deve essere condannato con assoluta fermezza». De Paz è più cauto: «Quella dichiarazione è figlia di una serie di informazioni arrivate stamattina che penso di aver chiarito», ha detto sempre a Repubblica. «Tuttavia non escludo che lo si possa definire così: questo passaggio davanti alla sede della comunità ebraica non è irrilevante e non lo si può prendere sottogamba».