Cosa fu il crollo di viale Giotto 120
L'11 novembre del 1999 a Foggia 67 persone morirono in uno dei peggiori disastri di questo tipo in Italia: l'inchiesta sulle responsabilità fu archiviata
Venerdì all’Università di Foggia è stato presentato Civico 120, un documentario del regista e sceneggiatore Lorenzo Sepalone sul crollo della palazzina all’omonimo civico di viale Giotto a Foggia, uno dei peggiori disastri di questo tipo in Italia. Alle 3:12 dell’11 novembre del 1999, venticinque anni fa, uno stabile di sei piani con 26 appartamenti crollò nel giro di 19 secondi, uccidendo 67 persone: il documentario mette insieme immagini di repertorio, testimonianze e ricostruzioni romanzate di un evento causato dalla scarsa qualità dei materiali di costruzione, che si concluse solo dopo molti anni con un’indagine archiviata.
La palazzina sorgeva in un quartiere popolare nel nord-ovest di Foggia ed era uguale a un altro stabile che si trovava lì accanto, soprannominato “edificio gemello”. I lavori per costruirla erano cominciati nel 1968 e si erano conclusi tre anni dopo. Nella notte dell’11 novembre, un giovedì, ci fu un boato: poi l’edificio al 120 di viale Giotto crollò su se stesso, intrappolando le settantacinque persone che si trovavano al suo interno. La gran parte di queste stava dormendo; altre si erano accorte che qualcosa non andava e avevano provato a scappare.
Salvatore Taronna, che viveva al quarto piano con la sua famiglia, ha raccontato al Corriere del Mezzogiorno di aver appoggiato la mano destra sulla sua scrivania: «Poco dopo non l’ho più sentita, la scrivania è andata giù. Uno o due secondi, sono andato giù anch’io». Guerino Alessandrino, allora 25enne, ricordò di essersi «ritrovato all’improvviso lì sotto con mia madre. Lei era viva, piangeva. Io ero bloccato da una trave, non potevo muovermi».
La madre morì tra le macerie, come il padre, la madre e la sorella di Taronna, mentre Alessandrino fu l’ultima persona a esserne estratta viva dopo circa quindici ore, attorno alle 18. «Parlare, quello sì che potevo farlo, e ho gridato con tutto il fiato che avevo nei polmoni», disse.
Nei soccorsi furono coinvolte centinaia di persone tra carabinieri, agenti di polizia e vigili del fuoco, oltre ai militari della guardia di finanza e a decine di volontari. Per ore si scavò con picconi, con le pale o con le mani: visto che sotto alle macerie si cercavano decine di persone non era stato subito possibile usare degli escavatori, in più le operazioni furono rallentate da un incendio che nel pomeriggio dell’11 novembre si sviluppò a partire da un cumulo di materassi probabilmente conservati nei box.
Le persone soccorse vivevano ai piani alti dell’edificio, mentre in base alle autopsie svolte sui 63 cadaveri recuperati buona parte morì per asfissia a causa del fumo e della polvere nei primi due minuti dal crollo. Tra le persone morte nel crollo ci furono anche Raffaele e Antonio Delli Carri, i costruttori dell’edificio. Quattro corpi non furono mai trovati.
Al loro arrivo sul posto i soccorritori sentirono subito un forte odore di gas, ma l’ipotesi di un’esplosione legata a una fuga di gas fu abbandonata altrettanto in fretta. Come scriveva La Stampa già il successivo 12 novembre «forse» il crollo della palazzina era dovuto a un cedimento strutturale.
Taronna ricorda che «al primo e al secondo piano parlavano di strani rumori», mentre per Mario Guidone, un altro dei superstiti, «si sapeva che sotto il palazzo c’erano delle infiltrazioni d’acqua, e che da un pilastro era fuoriuscito il ferro del cemento armato». Anche Davide Raio, soccorso a sua volta, parlò di «gente che si lamentava, perdite d’acqua e crepe», sebbene nel suo alloggio non avesse notato danni. Mariella Rizzi, la moglie di Guidone, disse che «le crepe in quella casa c’erano da mesi. Ma nessuno è intervenuto». Nel crollo morì loro figlio, Aldo, di 9 anni.
FoggiaToday ha definito il disastro di venticinque anni fa «il giorno più triste per la comunità foggiana dopo i bombardamenti del 1943», durante la Seconda guerra mondiale. Sul posto arrivarono subito il presidente del Consiglio Massimo D’Alema e la ministra dell’Interno Rosa Russo Iervolino, seguiti poi dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che partecipò anche ai funerali di Stato delle 67 vittime. Il governo stanziò 15 miliardi di lire per danni e risarcimenti (sarebbero più di 12 milioni di euro, oggi), mentre l’allora sindaco di Foggia Paolo Agostinacchio fu nominato commissario straordinario per l’emergenza.
Dopo le prime perizie l’ipotesi di reato fu quella di omicidio plurimo colposo, ma di fatto nessuna delle persone imputabili poté essere indagata. Nel crollo infatti morirono sia i fratelli Delli Carri sia il collaudatore dello stabile Antonio Rubano; il progettista, Mario Inglese, era morto tempo prima.
Secondo i consulenti della procura di Foggia il crollo della palazzina comunque fu provocato da alcuni calcoli statici errati e dal fatto che nel cemento ci fossero «un eccesso di sabbia e una quantità spropositata di acqua». In particolare, secondo i tecnici il crollo era stato provocato dalla rottura di un pilone al piano interrato: nel calcestruzzo impiegato per la struttura dell’edificio inoltre furono trovate scatole di tonno e pupazzi in gomma, ricorda La Gazzetta del Mezzogiorno.
Il 18 novembre del 2000, un anno dopo il disastro, il palazzo gemello fu demolito in seguito a una serie di esami che avevano evidenziato criticità ancora peggiori rispetto a quello crollato. In seguito il giudice per le indagini preliminari (gip) respinse la richiesta di archiviazione delle indagini chiesta dalla procura a fronte della morte di tutti i presunti responsabili; dispose però ulteriori indagini sulla base di presunte omissioni da parte di chi non aveva fatto nulla per evitare il disastro, pur essendo al corrente dei rischi. Nel 2007 infine il gip accolse una seconda richiesta di archiviazione. Il disastro fu imputato solo alla scarsa qualità dei materiali di costruzione.
Per Sepalone, che ha anche recitato nella discussa serie tv sull’omicidio di Sarah Scazzi, il documentario «non è soltanto il racconto della più grave tragedia edilizia italiana ma è anche un omaggio rispettoso» alle persone morte e alla solidarietà mostrata dagli abitanti di Foggia in quell’occasione. L’11 novembre del 2009 al posto della palazzina fu inaugurato il Giardino della Memoria, dedicato alle 67 persone morte nel crollo di dieci anni prima, dove tre anni dopo fu installato un monumento progettato dall’artista foggiano Silvano Pellegrini.