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  • Giovedì 10 ottobre 2024

Sull’immigrazione Pedro Sánchez la pensa diversamente

In parlamento il primo ministro spagnolo ha difeso l'importanza dei flussi migratori, un approccio opposto a quello di altri leader europei

Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, Granada, 5 ottobre 2024 (Marcelo del Pozo/Getty Images)
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, Granada, 5 ottobre 2024 (Marcelo del Pozo/Getty Images)
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Mercoledì il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha tenuto un discorso in parlamento molto netto a favore dell’immigrazione e contro le notizie false intorno alle persone migranti diffuse dai partiti di destra nel suo paese e non solo. È una posizione in controtendenza rispetto a quella di vari altri capi di governo e leader politici nell’Unione Europea, che invece adottano un approccio di chiusura riguardo ai flussi migratori e una retorica discriminatoria nei confronti delle persone migranti.

Le tempistiche non sono casuali: da mesi il partito Socialista spagnolo (PSOE, quello di Sánchez) si sta scontrando con il Partito Popolare (PP), il principale partito di centrodestra che guida l’opposizione al governo, rispetto alla redistribuzione di circa 6mila minori non accompagnati bloccati alle isole Canarie.

Delle difficoltà delle Canarie a gestire gli arrivi di migranti dalle coste dell’Africa occidentale, soprattutto da Mali e Senegal, si parla da tempo. Negli ultimi due anni sono molto aumentati e nell’ultimo anno e mezzo le Canarie – che si trovano un centinaio di chilometri a ovest del Marocco – hanno ricevuto metà di tutti i minori stranieri non accompagnati arrivati in Spagna. Sono persone migranti minorenni arrivate senza adulti per i quali, proprio a causa di questa loro condizione di vulnerabilità, le leggi europee prevedono tutele speciali.

Eppure alle Canarie mancano strutture adatte ad accoglierli, i centri ne ospitano più del doppio di quanti dovrebbero, non esistono attività di formazione, mancano mediatori linguistici, il personale non è sufficiente e diverse inchieste hanno dimostrato anche diversi casi di maltrattamento avvenuti nelle strutture. Questa situazione è diventata un caso politico nazionale, ma il Partito Popolare si è di recente ritirato dalle negoziazioni con il governo che spingeva affinché altre regioni spagnole si assumessero la responsabilità di parte di questi minori.

Davanti al parlamento Sánchez, che tra l’altro giovedì incontrerà il presidente delle isole Canarie Fernando Clavijo Batlle, ha difeso l’importanza dei flussi migratori facendo leva su ragioni economiche («sono sinonimo di ricchezza»), demografiche («Senza, nei prossimi anni perderemo in Europa 30 milioni di persone in età lavorativa») e anche storiche, dicendo che la Spagna è stata a lungo un paese di emigranti e non può diventare ora un paese xenofobo. «Noi spagnoli siamo figli dell’immigrazione, non diventeremo i padri della xenofobia», ha detto Sánchez.

Il primo ministro ha letto in aula la cronaca di un giornale venezuelano del 1949 che raccontava le condizioni disastrose in cui delle persone migranti partite dalle Canarie arrivavano in Venezuela: «La Spagna è un paese di emigranti. Dobbiamo sempre iniziare ricordando questo fatto. Il nostro dovere adesso è essere quella società accogliente che i nostri stessi emigranti avrebbero voluto trovare al di là dei Pirenei o dell’Atlantico. Questo è il debito morale che abbiamo nei confronti dei nostri antenati», ha detto.

Sánchez ha insistito molto sull’idea che la Spagna, come tutta l’Europa, «deve scegliere» tra due possibili opzioni: «Essere un paese aperto e prospero o un paese chiuso e povero». E ha usato una serie di dati per dimostrare che varie tesi contro le persone migranti diventate molto diffuse in Europa sono infondate, parlando per esempio di come molti lavorino regolarmente in Spagna e quindi contribuiscano al sistema fiscale e previdenziale. «L’immigrazione non è solo una questione di umanità, il che basterebbe. È necessaria per la nostra economia e per la nostra prosperità», ha detto.

Durante il suo discorso il primo ministro ha menzionato anche la necessità di una buona convivenza interculturale e ha anticipato che sarà avviato a livello nazionale un piano per migliorarla: «È evidente che gli immigrati hanno dei diritti, ma hanno anche dei doveri. Uno di questi è quello di rispettare i valori costituzionali e i nostri costumi: libertà di espressione, laicità delle istituzioni e libertà delle donne». E ancora: «Gli stranieri non sono né peggiori né migliori di noi: sono uguali».

– Leggi anche: Pedro Sánchez vuole ridurre gli arrivi di migranti via mare, a modo suo

La posizione espressa Sánchez è molto lontana da quella di vari altri leader europei, tra cui la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, che propongono invece di limitare i flussi migratori e basano su questo tema gran parte della loro propaganda. Di questo approccio si è discusso molto negli ultimi mesi anche in relazione alla crescita dei consensi dei partiti di destra ed estrema destra nell’Unione Europea, confermata dai risultati delle elezioni europee dello scorso 9 giugno e dai risultati di altre elezioni a livello nazionale e locale.

Ultimamente alcuni paesi europei hanno introdotto controlli più severi alle frontiere, nel tentativo di limitare gli ingressi.

Sànchez è uno dei capi di governo di sinistra più noti e influenti dell’Unione Europea, ma anche in Spagna i partiti di centrosinistra sono in difficoltà. Secondo un sondaggio sulle intenzioni di voto pubblicato qualche giorno fa il PP ha distanziato i Socialisti di quasi cinque punti percentuali. Alle elezioni del 23 luglio del 2023, la distanza era molto più ridotta: 1,4 punti a favore del PP. Guardando ai blocchi risulta che il PP, Vox e Se Acabó La Fiesta (La festa è finita, un partito di estrema destra e populista che contro l’immigrazione ha promesso «deportazioni di massa») otterrebbero il 50 per cento dei voti, mentre il PSOE, Sumar e Podemos, di sinistra e centrosinistra, si fermerebbero al 38,5 per cento.

Diversi giornali spagnoli hanno evidenziato come Sánchez sia stato coraggioso anche perché non ha voluto assecondare quanto emerso da alcuni recenti sondaggi secondo cui l’immigrazione è diventata la principale preoccupazione dei cittadini e delle cittadine spagnole. A metà settembre, alla domanda: “Qual è, secondo te, il problema principale che esiste attualmente in Spagna?” quasi uno spagnolo su tre (30,4 per cento) ha risposto l’immigrazione, mentre solo tre mesi fa il tema era al nono posto. Tuttavia, quando alle persone intervistate è stato chiesto quali problemi riguardassero loro personalmente e non la Spagna in generale, l’immigrazione scendeva al quinto posto.